Questa sezione presenta quotidianamente il Vangelo del Giorno accompagnato da una riflessione, insieme all'antifona e al Salmo corrispondente, che in alcuni particolari periodi dell’anno liturgico potranno essere musicati e cantati. Ogni giorno potrai vivere la Parola, leggerne il commento e scaricare tutto in formato PDF dalla sezione sinistra del sito.

Venerdì 10 Febbraio 2023

5a settimana del Tempo Ordinario

Parola del giorno
Gènesi 3,1-8; Salmo 31,1-2.5-7; Vangelo di Marco 7,31-37

Salmo 31,1-2.5-7

Beato l’uomo a cui è tolta la colpa.

1 Beato l’uomo a cui è tolta la colpa
e coperto il peccato.
2
Beato l’uomo a cui Dio non imputa il delitto
e nel cui spirito non è inganno.

5 Ti ho fatto conoscere il mio peccato,
non ho coperto la mia colpa.
Ho detto: «Confesserò al Signore le mie iniquità»
e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato.

6 Per questo ti prega ogni fedele
nel tempo dell’angoscia;
quando irromperanno grandi acque
non potranno raggiungerlo.

7 Tu sei il mio rifugio, mi liberi dall’angoscia,
mi circondi di canti di liberazione.

Vangelo di Marco 7,31-37

In quel tempo, Gesù, 31 uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32 Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. 33 Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34 guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!» 35 E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36 E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano 37 e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!»

Effatà

«Effatà» è una forma verbale traslata dall’aramaico ‘ippetàch, “sii aperto”. Si tratta del verbo patàch, “aprire, sciogliere, liberare”, da cui il sostantivo petàch, “porta, entrata, varco, apertura”.
«Effatà», cioè: «Apriti!», dice Gesù. Perché apriti?
Perché l’opposto di aprire non è chiudere, ma è trattenere. Non si chiude mai semplicemente per chiudere, ma si chiude per trattenere. Gesù invita a non trattenere, perché trattenere è uno sforzo contro la vita, contro l’evoluzione. Trattenere è forzare, è annodarsi e annodare, è incatenarsi e incatenare, è bloccarsi, è bloccare. Bloccare è fermare, fermare è morire. Se trattieni dentro un rancore, lui continuerà ad agitarsi dentro di te, ma tu ti bloccherai nel cuore e nell’anima. Se trattieni un’umiliazione, lei si agiterà dentro di te fino a fermare i tuoi sogni e i tuoi desideri. Se trattieni dentro di te qualcuno, che da te in realtà se ne è già andato, ti ubriacherai di vendetta e bloccherai nella sofferenza tutta la tua vita. Se trattieni ciò che ti è stato tolto, chiederai alla tua mente di costruire un mondo irreale e immaginario, che ti scardinerà dal presente e dalla realtà, bloccandoti nella pazzia. Effatà è la parola per guarire, per liberare il cuore da ogni attaccamento, anche il più sacro e intoccabile. Aprire è liberare, lasciar andare, lasciar scorrere. Aprire non significa dire non mi interessa, non mi importa: questo è trattenere nel modo più subdolo e pericoloso. Apriti significa non annodare dentro di te ricordi, ferite, provocazioni, insuccessi, traumi. Apriti significa lascia andare e vivi il presente meglio che puoi. Trattenere è il processo mentale e l’atteggiamento spirituale più pericoloso che ci sia perché è il modo quotidiano di mettersi al posto di Dio e di uccidere la vita, ogni vita. Trattenere e possedere è accusare Dio di non amarci. È come sputargli in faccia con rabbia e arroganza che è la sua inefficienza, è la sua incapacità di intervenire positivamente nella nostra vita, è il suo disinteresse per la nostra esistenza a costringerci a intervenire per risolvere i nostri problemi proprio con la strategia del trattenere e del possedere.