I discepoli di Emmaus incontrano Gesù per la strada, non lo riconoscono, ma fermano i loro passi per rispondere alle sue domande. Il testo dice letteralmente: e si fermarono tristi [greco: skythrtopòs]. Il termine greco skythrtopòs, con cui il testo traduce quell’essere triste, etimologicamente significa: “arrabbiato nero”. Skythrtopòs deriva dalla radice skythr- del greco skythròs, “arcigno, arrabbiato, accigliato, torvo”, unita a òps, “occhio, volto”. La radice skythr- è alla base del verbo skýzomai, “sono in collera, sono sdegnato” che a sua volta deriva dagli aramaico-ebraici shaqàs, “essere in rancore contro, detestare”, sheqès, “odio, abominazione”, a loro volta originati dall’accadico shakasu, “guardare di malocchio”. I discepoli di Emmaus incontrano Gesù, il Dio della gioia, e non lo riconoscono perché sono tristi. Ma che cos’è la tristezza? La tristezza è rabbia, semplicemente rabbia. La rabbia è il fluido mortale di Satana che fa annegare la gioia del cuore e dello spirito e avvelena le nostre cellule. La gioia è il fluido vivificante di Dio di cui è intessuta tutta la vita, che riempie di vita il cuore e lo spirito, e rende sane e forti le nostre cellule. Il fluido mortale di Satana può vestirsi in modi diversi ma è sempre della stessa natura, è rabbia. Può mostrarsi come tristezza ma è rabbia, può mostrarsi come delusione ma è rabbia, come malinconia, amarezza, desolazione, demoralizzazione ma sempre di rabbia si tratta. Può mostrarsi come mestizia, malumore, sconforto, depressione, ma in verità si tratta di rabbia, purissima rabbia. La mente può descrivere in mille modi il fluido velenoso della rabbia dentro di sé, ma sempre rabbia è. Cosa fa la rabbia? La rabbia ferma i passi, inchioda i pensieri, irretisce i desideri, blocca l’energia della vita. La rabbia ferma il movimento della vita per tramutarlo in agitazione, ansia, competizione, lotta, conflitto, battaglia, energia distruttiva. La tristezza dei discepoli di Emmaus non è che rabbia, rabbia nera e velenosa. I discepoli di Emmaus sono profondamente arrabbiati con gli eventi, con i signori del tempio, con i dirigenti del popolo, con se stessi per essersi lasciati fuorviare, con la vita che permette tali ingiustizie e violenze, con Gesù sul quale avevano riposto speranze e sogni, con Dio perché si sentono da lui traditi e abbandonati. Gesù non incontra due discepoli incerti, bloccati, dalla fede piccola, dalla spiritualità immatura, ma incontra due discepoli arrabbiati, pieni di rabbia e rancore e, in conseguenza di questa loro rabbia deformante, divenuti incerti, bloccati, dalla fede piccola, dalla spiritualità immatura. È questa rabbia che scorre nella mente e nel cuore, che trasforma il dialogo in discussione polemica, la relazione in conflitto, l’unità in separazione, la capacità di vedere e comprendere in cecità intellettuale e stupidità. Nulla al mondo come prolungati e intensi periodi di pensieri di rabbia hanno il potere di rendere la mente stupida, inintelligente. È questa rabbia che rende ciechi gli occhi della mente e del cuore dei due viandanti di Emmaus al punto che essi non riconoscono più Gesù nemmeno quando a loro si avvicina: il testo dice che i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Non è un impedimento misterioso, mistico, è semplicemente rabbia che spegne ogni visione intellettuale e spirituale. È la stessa rabbia interiore che rende impediti gli occhi dei discepoli perché trattenuti dal riconoscere, e rende il loro cuore insipiente, stolto, inintelligente e tardo, lento, duro. È la stessa rabbia che Gesù riesce a sciogliere nel cuore dei discepoli di Emmaus con la potenza e il calore della propria Parola, e che lascia immediatamente posto alla gioia, alla pace interiore, alla comprensione, alla passione amante, alla lode, al desiderio di unione, alla condivisione, all’Eucaristia, alla corsa evangelizzatrice.