L’ebraico e l’aramaico del tempo di Gesù non hanno la parola “corpo”, ma usano, con lo stesso significato, la parola “carne”. L’ebraico basàr, “carne” – che si trova anche nell’accadico e nell’ugaritico con i significati di “copertura del corpo, pelle” –, significa anche “l’intero essere umano”. Carne-basàr non è dunque solo la sostanza materiale dell’essere umano, ma il suo modo di esistere.
La mia carne è la realtà Gesù, il suo totale essere che diventa cibo, alimento, pane che si mangia. In pratica Gesù ci dice che alimentarsi della sua carne è alimentarsi di tutto il suo essere nella sua pienezza di Dio e Uomo, alimentarsi di tutto il suo modo di essere e di fare, di agire e muoversi, di parlare e scegliere per avere la vita piena.
Gesù va mangiato tutto, assunto tutto, bevuto tutto, incarnato tutto, ascoltato tutto, seguito tutto in tutto il suo essere. Alimentarsi di lui nel pane dell’Eucaristia e, nello stesso tempo, non alimentarsi di lui, del suo modo di vivere il perdono ai fratelli, è non-mangiare Gesù, è rinunciare alla vita. Alimentarsi di lui nei segni sacri dei sacramenti e, nello stesso tempo, non alimentarsi di lui, del suo modo di gestire e condividere i beni e le risorse della terra, è non-mangiare Gesù, è rinunciare alla vita. Alimentarsi di Lui con la sua Parola, e insieme non alimentarsi di lui, del suo modo di spiegare il suo messaggio e farlo arrivare al cuore della gente, è non-mangiare Gesù, è rinunciare alla vita. Mangiare tutto Gesù non significa essere perfetti, ma almeno aver compreso, decisamente, che nessuna scienza, cultura, politica, economia, nessuna piega, fessura e scelta della vita, può avere luce e felicità, vero progresso e forza se non si alimenta da lui e sempre solo da lui.