Il ponte

Il ponte

Quando è tempo della traversata, tutti i miliardi di atomi e cellule di cui è formato l’uomo sanno che è giunta l’ora in cui l’essere spirituale, di cui sono innervati, deve passare dalla dimensione della terra a quella del cielo, deve riattraversare il ponte. Allora gli atomi e le cellule del corpo, lasciando andare l’essere spirituale, smettono di vibrare della propria frequenza individuale terrena, legata allo spirito, ma rimangono collegate alla risonanza della vibrazione universale, così che l’energia cellulare del corpo si ridistribuisca negli elementi della terra, dell’acqua, dell’aria. Nessuno sa come, ma un giorno, per la risurrezione finale, questa energia e vibrazione individuale, dispersa nell’universo, sarà richiamata e riunita all’essere spirituale, allo spirito di cui faceva parte.
Il ponte permette all’essere spirituale la traversata dalla dimensione terrestre alla dimensione celeste della luce senza fine. Gli uomini chiamano questo momento morte, ma in realtà non è altro che attraversare un ponte, il ponte da cui nessuno può far ritorno con le proprie forze, il ponte della traversata. È lo stesso ponte che ogni figlio di Dio attraversa nell’istante in cui il suo essere spirituale dalla dimensione celeste si avventa sullo zigote, nel grembo materno, e inizia a far parte delle vibrazioni e delle risonanze in questo universo, su questa terra. Gli uomini chiamano questo momento nascita, ma in realtà non è altro che la traversata del ponte. Al ponte della traversata, gli uomini danno due nomi dal significato opposto, nascita e morte, ma in realtà è lo stesso ponte della traversata che permette l’andata e il ritorno tra la dimensione del cielo e quella della terra, anzi, sarebbe più corretto dire, tra la vibrazione celeste e la vibrazione terrestre. Nascere e morire dunque è semplicemente e splendidamente attraversare un ponte dalla vibrazione celeste a quella terrena e viceversa.
I testi rivelati della bibbia ci offrono misurati ma interessanti particolari, informazioni e leggi di funzionamento del ponte, il cui attraversamento rimane un momento tra i più delicati di tutta l’esistenza umana.
- Il ponte, da una dimensione all’altra, si può attraversare una sola volta e mai con le sole forze umane. L’uomo non può attraversare dal cielo alla terra e dalla terra al cielo senza la potenza e la volontà creatrice di Dio.
- Una volta attraversato il ponte per risalire al cielo dopo la vita terrena, nessuno può riattraversarlo e tornare sulla terra: viene definitivamente chiuso per tutti. Nella bibbia sono narrati alcuni casi in cui il ponte della traversata verso la dimensione celeste non è stato usato. Ricordiamo Elia, il profeta, e la madre di Gesù, Maria Santissima.
- Il ponte, per sua natura, è semplicemente un passaggio obbligato per attraversare le dimensioni e cambiare vibrazione e risonanza, non ha in sé mai nulla di violento o cruento.
- Dio ha fatto in modo che chiunque attraversi il ponte, verso la dimensione terrestre, vibri e risuoni della vita e della luce divina, su questa terra, in modo del tutto unico e irrepetibile, nel corpo e nello spirito. Ogni atomo del nostro corpo vibra di una frequenza propria e identificativa ed è in risonanza con l’unicità, la nobiltà, la regalità irrepetibili del nostro spirito, del nostro essere spirituale. Al tempo stesso ogni atomo della nostra persona vibra ed è in risonanza con le vibrazioni della vita di tutto l’universo.
- Secondo i testi biblici non esiste, nel modo più assoluto, nessun tipo di reincarnazione, di ritraversata multipla del ponte. La reincarnazione prevede che, per la propria purificazione, l’essere e l’essenza spirituale di un uomo possano riattraversare il ponte innumerevoli volte e reincarnarsi nelle più diverse forme organiche, umane o animali, ma senza una vibrazione e una risonanza personale e individuale. Il ponte si attraversa una volta sola sia per scendere sulla terra, sia per salire al cielo. L’esperienza mostra come nessuno possa tornare dopo aver attraversato il ponte della morte e la bibbia conferma questa impossibilità dell’uomo di riattraversare il ponte della morte. C’è solo un modo per farlo, la risurrezione, e non è un passaggio possibile alle forze umane. La risurrezione, quando Dio la rende possibile, fa riattraversare il ponte a un essere spirituale nella vibrazione e risonanza individuale corporea e terrena precedente. Secondo i testi biblici l’essere spirituale dell’uomo e la sua forma fisica sono un tutt’uno imprescindibile e inseparabile. Nella bibbia si parla chiaramente della risurrezione della carne, naturalmente in modalità e forme che non possiamo ora nemmeno immaginare. Questo illumina la dimensione del corpo e della carne di una luce meravigliosa e inaudita: noi non abbiamo solo un corpo, ma siamo un corpo, siamo il nostro corpo, che ci rappresenta e ci identifica, e fa parte della nostra unicità e nobiltà celeste.
Ora, può certo succedere che la modalità, il modo in cui si raggiunge il ponte, che gli uomini chiamano morire o nascere, possa essere, per svariati motivi e situazioni, molto doloroso, cruento, pauroso, violento e terribile. Per questo gli uomini si sono abituati a definire il ponte, tra la vita terrena e quella celeste, come morte, circondando questo evento di terrore, paura, disperazione, angoscia, ma in verità è il morire, il morire malamente, anzi tempo, in modo violento e improvviso che ci spaventa. È frutto di un inganno terribile identificare il ponte con il morire o il vivere: questo errore comporta il considerare il ponte come una disgrazia e un maleficio, una maledizione.
Prima della scelta primordiale di Adamo ed Eva nell’Eden, scelta di organizzarsi la vita senza Dio e di mettere mano all’albero del vitale e del mortale, il ponte non esisteva, non serviva. L’uomo nasceva e viveva, nella vibrazione e nella risonanza divina e celeste, senza mutazioni e senza interruzioni, in totale pace e unità. Il ponte, sia per nascere sulla terra che per ritornare al cielo, si è reso necessario quando l’uomo, staccandosi da Dio, ha espresso la volontà di avere un mondo proprio, una vibrazione propria per vivere e realizzarsi, l’universo appunto, come noi lo conosciamo. Questo è accaduto sotto l’inganno e per l’invidia del Diavolo. Il ponte è frutto di una scelta, è segno di un distacco ma, per amore e gentilezza di Dio, non ha mai avuto le connotazioni di malvagità, terrore, angoscia che nel tempo, per ignoranza, ha guadagnato nella mente della gente.
Questo inganno è terribile perché abitua gli uomini a combattere tutta la vita per eliminare e allontanare il ponte, non per eliminare il vivere malamente e il morire malamente. È questo l’inganno che spinge gli uomini a cercare l’immortalità terrena, a cancellare e a esorcizzare in tutti i modi il ponte, senza convogliare tutte le energie e l’intelligenza per vivere in armonia e per morire in pace. L’uomo deve imparare a darsi da fare per vincere il vivere male e il morire male, non per combattere il ponte della traversata. Se un uomo arriva al ponte della traversata, dopo un centinaio di anni di vita terrena sana, piena, bella, in pace, e ci arriva sazio di giorni, sereno e felice, in una sera al tramonto, sotto la quercia piantata il giorno della sua nascita, sorseggiando il suo tè preferito, a chi può provocare paura, terrore, angoscia, pianto una traversata di questo tipo per il ritorno a casa? Probabilmente non è come il ponte vissuto da un milione di uomini disciolti dal calore di un’esplosione nucleare o massacrati nelle trincee o torturati nei campi di sterminio, e nemmeno come il ponte di chi ogni tre secondi muore di fame, e ogni otto muore per aver bevuto acqua contaminata.
Oscurati da questo inganno, gli uomini hanno concentrato tutta la loro attenzione nel cercare di vincere la morte, di combattere contro il ponte della traversata, creando allo scopo, con tutte le loro forze, mitologie, filosofie spirituali, magie di ogni tipo. Questo inganno ha creato, fin dall’inizio, anche nelle prime comunità cristiane, il bisogno di affermare e ripetere continuamente che Gesù aveva sconfitto la morte ed è Dio perché ha sconfitto la morte, quasi che Gesù avesse dovuto lottare a fatica contro di lei per vincerla. Forse che il Signore, il Signore di tutti i ponti e di tutte le dimensioni, deve lottare e combattere per attraversare il ponte quando e come vuole o deve lottare e combattere per farlo attraversare a chi vuole, come e quando lui vuole? È il caso di Lazzaro l’amico, risorto da Gesù dopo quattro giorni di sepolcro. Cosa potevano fare gli atomi in decomposizione di Lazzaro, se non riattivarsi nella loro vibrazione vitale, per mettersi in risonanza divina con quella voce e riattraversare il ponte verso la vita? È il caso del figlio unico di madre vedova, che Gesù incontra nella città di Nain, al quale Gesù fa riattraversare il ponte. Il Figlio di Dio, il Signore della Vita e di ogni dimensione visibile e invisibile, colui che ha le chiavi del ponte e di ogni ponte, con una sola parola, solo sfiorando con la mano la bara del morto, riconsegna alla madre il figlio vivo. Non c’è fatica, pressione, agitazione, lotta, solo infinita e dolcissima compassione per il nostro mal vivere e mal morire, storditi come siamo dalla paura e dall’ignoranza. Gesù restituisce alla madre esattamente suo figlio, con il suo corpo, con quei suoi occhi scuri e nobili, con il suo sorriso unico, con le sue cicatrici sulle ginocchia, non restituisce una forma organica reincarnata in una versione energeticamente simile.
La nostra identità, la nostra unicità e irripetibilità sta nella regalità dell’atto creativo stesso di Dio. Sfiorando quella bara, Gesù ci mostra semplicemente, in tutta naturalezza e tranquillità, chi è Lui e come tutto e ogni cosa obbedisce alla vibrazione divina e creatrice della sua carezza e della sua Parola. Ecco perché Gesù, dopo il morire cruento e satanico a cui l’abbiamo costretto in croce, riattraversa, senza fatica e senza lotta, il ponte, risorge alla vita terrena, in totale pace e tranquillità, per ripresentarsi vivo e vivente, felice e radioso ai suoi discepoli e al mondo.
Gesù non è sceso dal suo cielo per mostrarci che lui è capace di vincere la morte, ogni morte, anche la nostra morte, ed è capace di riconsegnarci alla vita: questo dovrebbe esserci chiaro e scontato dall’istante in cui crediamo che lui è Dio, è il Signore. Lui non è sceso dal cielo perché restassimo per migliaia di anni impigliati e concentrati sul fatto che lui ha vinto la morte, tanto da dimenticare quasi completamente che il vangelo non contiene le formule magiche per vincere la morte, ma le procedure divine per vincere il vivere male, il vivere senza amore, senza Dio. Gesù è sceso dal cielo per donarci lo Spirito Paraclito e le Beatitudini per vincere il vivere male, il morire male. Gesù è sceso dal cielo per testimoniare e rivelare all’umanità che esiste la possibilità di vivere felici, in modo luminoso, grato, nella condivisione e nella pace, nella gratuità e nel perdono reciproco, nella salute e nell’armonia (Giovanni 15,11). Questo vivere secondo il vangelo cancella dalla terra il vivere indignitoso nella miseria, nella sottomissione, nella paura, nella fame, nella sete, e cancella il morire atroce e violento della guerra, della violenza, della sopraffazione, della malattia, del sopruso, dell’ingiustizia. Questo è vincere la morte.
È evidente che vivere la vita nella luce e nell’amore di Dio non solo conduce al ponte verso il cielo, in modo sereno e gioioso, ma ci apre immediatamente le porte alla vita senza fine, nella luce della casa di Dio.
 

Alba

Testo e musica di Paolo Spoladore

Tu sei già sveglia alba mia
Così forte scorri in me
Guarda come danzi e tu sai per Chi
L’infinito splende in te
In questo viaggio tu sarai con me
Anima e pelle con te
E quanto sole sabbia e stelle
Spinge alla luce da quaggiù

Io voglio andare non mi fermare
Nel suo nome non lo fare

Tu sei regina tra i capelli
Di gloria e onore incoronata
Tu sei figlia dell’Eterno Re
E nei tuoi occhi gli assomigli
E questa terra nelle mani ci dà
Respiro immenso di Lui
Come la neve noi scendiamo qui
Scende la vita e sale amore

Io voglio andare non mi fermare
Nel suo nome non lo fare

Il brano Alba è contenuto nell’album Ut, Paolo Spoladore, © 2006 Usiogope Edizioni.
Nella sezione Musica per Lodare sono disponibili:
- mp3 ascoltabile e scaricabile
- spiegazione integrale del testo
- testo con gli accordi

Vangelo di Luca 7,11-17

In quel tempo, 11 Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. 12 Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei.
13
Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!» 14 Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!» 15 Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre. 16 Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». 17 Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.