Sabato 7 Aprile 2018

Questa sezione presenta quotidianamente il Vangelo del Giorno accompagnato da una riflessione, insieme all'antifona e al Salmo corrispondente, che in alcuni particolari periodi dell’anno liturgico potranno essere musicati e cantati. Ogni giorno potrai vivere la Parola, leggerne il commento e scaricare tutto in formato PDF dalla sezione sinistra del sito.

Parola del giorno
Atti degli Apostoli 4,13-21; Salmo 117,1.14-21; Vangelo di Marco 16,9-15

Vangelo di Marco 16,9-15

9 Risorto al mattino, il primo giorno dopo il sabato, Gesù apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva scacciato sette demòni. 10 Questa andò ad annunciarlo a quanti erano stati con lui ed erano in lutto e in pianto. 11 Ma essi, udito che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero.
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Dopo questo, apparve sotto altro aspetto a due di loro, mentre erano in cammino verso la campagna. 13 Anch’essi ritornarono ad annunciarlo agli altri; ma non credettero neppure a loro.
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Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. 15 E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura».

Nuovo

È nuovo! È un fatto nuovo, completamente nuovo. La risurrezione di Gesù è un fatto nuovo, ma che può essere colto a diversi livelli di comprensione. Il livello più elementare è considerare la risurrezione di Gesù la prova della sua divinità e del suo essere Figlio di Dio e Messia dopo tutta la controprova dell’umiliazione e della sconfitta della croce. Considerare la risurrezione di Gesù come un atto di potenza divina, come se Gesù avesse dovuto impiegare una benché minima energia per uscire da quel sepolcro, pensare alla risurrezione come una specie di rivincita di Dio sul potere del Maligno, una manifestazione della divinità e della sovranità di Gesù sulla vita e sulla morte, è estremamente elementare e semplicistico. Concentrare tutta la novità spirituale ed esistenziale del cristianesimo nella risurrezione di Gesù come fosse l’affermazione implicita della sua divinità, il modo per essere da tutti riconosciuto come vincitore della morte e Messia, è estremamente riduttivo e quasi irrispettoso nei confronti di Gesù, se non fosse che la via della comprensione è un cammino, e la via della conoscenza un progresso. A un livello più alto Gesù che risorge è prima di tutto una rivelazione, e non tanto e non solo di chi è Gesù ma di qualcosa che la mente umana ha da lungo dimenticato e rinnegato. La risurrezione di Gesù afferma e rivela che la morte non è mai stata e mai sarà la condizione dell’uomo e di tutte le opere del creato. La morte è una provocazione satanica, non una condizione ontologica, cioè legata all’essenza della vita. L’uomo che ha rinnegato Dio ha conosciuto la morte, meglio il morire, ma non ha in nessun modo potuto modificare il suo status di figlio di Dio immortale, fatto di vita, per la vita, nella vita. Per quanto l’uomo si sia abituato alla morte e al morire, la morte non c’entra nulla con la vita e Dio non ne ha nulla a che fare (Sapienza 1,13).
La nostra mente sola e disperata perché ribelle a Dio, abituata ad alimentarsi della paura della morte e del morire, trova più facile accettare che Gesù sia risorto dalla morte per atto di forza, come quando si combatte contro un nemico, perché questa concezione conforta il nostro stato di ignoranza e impotenza nei confronti della morte e ci rassicura contro il terrore del morire. Questa concezione ha ridotto Gesù, la più eccelsa proposta di vita nella gioia, a un parafulmine contro il male e i guai, a una superstizione devozionale consolatoria. Considerare Gesù risorto solo come il vincitore potente contro la morte comporta la concezione che lui è colui al quale possiamo affidarci perché ci difenda dal male e dalla morte. Considerare, invece, Gesù risorto come il rivelatore potente della vita comporta la concezione che lui è colui al quale possiamo affidarci perché ci elevi alla vita e all’evoluzione della luce. Gesù non è risorto per mostrarci che può vincere la morte, a meno che non pensiamo che si sia incarnato su questa terra per fare a gara con l’uomo a chi tira la freccia più lontano. Gesù è risorto per rivelarci che lui è la vita, noi siamo della vita e, se seguiamo le sue procedure contenute nel vangelo, anche se ci siamo ribellati a Dio, la morte, la provocazione satanica del morire, non potrà nulla contro di noi. La risurrezione di Gesù è una rivelazione profetica di ciò che siamo, e abbiamo rinnegato e dimenticato e di ciò che saremo in Dio per sempre. Così Gesù ci salva.
All’alba della Pasqua, le donne che corrono al sepolcro trovano la pietra del sepolcro spostata e Gesù non c’è e questo è nuovo, è meravigliosamente nuovo, ma non è tutto della novità di Dio. La novità di Dio è che in quel sepolcro non solo non c’è Gesù perché è risorto ma, cosa meravigliosamente nuova, non c’è nemmeno un segno di lotta, effrazione, combattimento, separazione, sfida, conflitto, scontro, distruzione, sangue, morte.
In quel sepolcro non c’è segno di morte e del morire: l’ira, la rabbia, la condanna, la competizione, la sfida, il duello, la separazione, la lotta, il combattimento, la distruzione, il morire, la morte sono i segni, le orme, i passi di Satana, la sua la più riuscita provocazione.In quel sepolcro non c’è più Gesù e per la prima volta nella storia non c’è più un solo segno della morte. Dove c’è Gesù non ci può essere la morte, impossibile.
Solo gli angeli sapevano cosa stavano dicendo e rivelando all’umanità quando, alle donne impaurite e preoccupate davanti al sepolcro vuoto, hanno detto: non è qui.

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