Tutto per niente
Durante la loro esistenza gli uomini fanno di tutto per raggiungere, provare, assicurarsi un po’ di piacere. Ogni pensiero, parola, azione dell’uomo è vincolata da questo processo e da questa ricerca ossessiva. Non c’è nulla nella vita umana che non ricada in qualche modo nella ricerca del piacere. Gli uomini fanno tutto e ogni cosa per il piacere, per qualche tipo di piacere. Perfino la guerra, la distruzione, la rabbia, l’ira, l’odio, il possesso si muovono dal cuore dell’uomo in nome di una qualche forma di piacere. Tutto per il piacere. Tutto per niente.
Perché? Perché non è un piacere chiesto dall’anima, dal cuore, dalla vera essenza dell’uomo, dal suo vero e divino io, ma è un piacere chiesto dall’ego, dall’io-sostituto e assetato di ambizione che tutti ci siamo costruiti dentro per assecondare gli addestramenti del mondo e per compiacere gli altri. Questo è un piacere illusorio e ipoenergetico, che serve solo a colmare per un momento i vuoti, a lenire per qualche istante le ferite, a placare per qualche secondo sfide e rivolte viscerali quanto antiche, ma che non dona gioia, non comporta gioia, non conduce alla gioia. È questo incalcolabile fare, fare tutto per niente e senza gioia vera, che inabissa l’umanità in un immenso oceano di tristezza, tristezza che si respira e si mastica, si tocca e si sfiora ovunque. Il tesoro che Gesù propone è usare il vangelo per ritrovare l’unità con se stessi, l’amore per se stessi, l’onore per quel meraviglioso atto creativo che ci fa amatissimi figli di Dio, per ritrovare unità, amore, onore nei riguardi di Dio, con gli altri e con tutti gli esseri viventi. Questo tesoro offre piaceri sconosciuti e meravigliosi, e conduce alla gioia, alla gioia che Gesù desidera riversare in noi in misura sovrabbondante (Giovanni 15,11), scossa e traboccante (Luca 6,38). Gioia che, lui stesso afferma, nessuno mai potrà portarci via.
La gioia non è il tesoro. Ma non è il tesoro, se non dà gioia.