Dove va la gente a mangiare? Dove va la gente a mangiare un po’ di sapienza, a nutrirsi di un po’ di luce? Dove la gente può trovare un modo per alimentarsi con efficaci e funzionali procedure e conoscenze che danno la vita e non la morte? Dove trovare una tavola calda, imbandita di energetico, intelligente cibo per la spiritualità e la fede? Troverà da mangiare nelle luminescenti tavole a muro ai piedi delle quali le persone versano in adorazione? Troverà da mangiare seduta dietro a una nano tavola dove dall’infanzia quotidianamente si impartiscono la cultura e la sapienza umana? La gente troverà da mangiare sulle gradinate cattedre dove sono assisi i dirigenti delle religioni, oppure sulle tavole ovali dove vengono garantiti gli interessi dei lupi rapaci mentre si verbalizza il bene comune, che esclusivamente si verbalizza, eternamente si verbalizza? La gente troverà da mangiare sulle tavole a forma di arena, imbandite di competizioni, successo, sfide e sfilate, ovazioni, parate, oppure troverà da mangiare sulle tavole di pietra lastricate, lungo piazze e strade, sbracciandosi in proteste e rivoluzioni? Gli uomini troveranno da mangiare sulla tavola di terra, intrisa di sangue tra i pezzi sparsi di figli di Dio? Che ci sia invece da mangiare sulle tavole dei maghi o sulle tavole di carta dove il nulla ha trovato il modo di essere stampato? Dove va la gente a mangiare?
Tutte le tavole umane sono deserte, vuote, aride e tenebrose anche sotto la luce del sole; ricoperte di tovaglie sgargianti e ingannevoli, sono sempre vuote di cibo vero e, se cibo mai offrono, non è cibo che appartiene a Dio. Anche la terra è stanca di vedere ogni giorno questo scempio oscuro e deve essere stanca di ascoltare il grido dell’umanità affamata e ammalata. Quando la terra è stanca, si scuote, come si scuote una tovaglia dopo la cena, perché nemmeno le briciole di ciò che non appartiene a Dio devono mai più ingannare la fame del popolo di Dio sulle tavole degli uomini.
Dove va a mangiare l’umanità? Dove c’è compassione, compassione e luce insieme; dove ci sono amore, sapienza, conoscenza della Parola e grazia. Gesù è il cibo vero dell’umanità, perché ha vera compassione per il suo popolo, e ha tutta la conoscenza e la sapienza possibili da offrire come vero cibo e vera bevanda. E in più Gesù è gentile, divinamente gentile, sempre gentile e aggraziato, delicatissimo, amoroso con il suo popolo. Gesù insegna a noi, il suo popolo, e prima ancora ai suoi discepoli, a valorizzare e a moltiplicare, alla luce delle procedure evangeliche, né più né meno di quello che abbiamo e di quello che siamo, cinque pani e due pesci. Ci invita a goderci la potenza della sua presenza e della sua parola immersi nella morbidezza e nella tranquillità di un prato d’erba, perché nel tempo in cui il cuore si alimenta del vangelo non deve conoscere lo stato della fretta, dell’ansia e della sospensione: questa è la liturgia di Gesù. Lui ci invita poi a distribuire la provvidenza sovrabbondante, a non trattenere mai la ricchezza moltiplicata per dono dello Spirito. Imparare a condividere, come consuetudine dell’anima e della mente, è il miracolo nel miracolo. È così che quei cinquemila uomini, dunque quasi ventimila persone con donne e bambini, hanno mangiato compassione e conoscenza alla tavola del Re dei re.