Questa sezione presenta quotidianamente il Vangelo del Giorno accompagnato da una riflessione, insieme all'antifona e al Salmo corrispondente, che in alcuni particolari periodi dell’anno liturgico potranno essere musicati e cantati. Ogni giorno potrai vivere la Parola, leggerne il commento e scaricare tutto in formato PDF dalla sezione sinistra del sito.

Giovedì 2 Luglio 2020

13a settimana del Tempo Ordinario

Parola del giorno
Amos 7,10-17; Salmo 18,8-11; Vangelo di Matteo 9,1-8

Salmo 18,8-11

I giudizi del Signore sono fedeli e giusti.

8 La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.

9 I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.

10 Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.

11 Più preziosi dell’oro,
di molto oro fino,
più dolci del miele
e di un favo stillante.

Vangelo di Matteo 9,1-8

In quel tempo, 1 salito su una barca, Gesù passò all’altra riva e giunse nella sua città. 2 Ed ecco, gli portavano un paralitico disteso su un letto. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati».
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Allora alcuni scribi dissero fra sé: «Costui bestemmia». 4 Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: «Perché pensate cose malvagie nel vostro cuore? 5 Che cosa infatti è più facile: dire “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”? 6 Ma, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati: Àlzati - disse allora al paralitico -, prendi il tuo letto e va’ a casa tua». 7 Ed egli si alzò e andò a casa sua. 8 Le folle, vedendo questo, furono prese da timore e resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.

Che fatica

Letteralmente il versetto 8 dice: Avendo visto allora le folle, temettero e glorificarono Dio, l’avente dato un potere tale agli uomini. Le folle sono stupite e meravigliate, tuttavia non riconoscono Gesù come Dio ma come un uomo a cui Dio ha dato poteri soprannaturali.
In questa affermazione evangelica è racchiusa la più grande fatica mentale e spirituale dell’uomo e, al tempo stesso, la più facile delle tentazioni e il più grande inganno di tutta la storia umana. Inevitabile, impossibile non riconoscere a Gesù, alle sue parole, ai suoi miracoli provenienza soprannaturale e straordinaria, una potenza e un fascino inauditi e inediti. Perfino i suoi più acerrimi nemici e giurati oppositori più e più volte manifestano evidente stupore e meraviglia, sorpresa e perfino un mal celato senso di nostalgia e ammirazione nei suoi confronti. Ma la fatica mentale e spirituale è di accettare che Gesù è quello che è, fa quello che fa, dice quello che dice perché è Dio, Figlio di Dio e non solo perché è un uomo rivestito della forza e della potenza divina.
È proprio questa fatica che fa scaturire sulle labbra degli accademici di allora la bestemmia suprema: affermare che è Gesù stesso che bestemmia nell’istante in cui rivela che lui è Dio. È proprio questa fatica che produce ancora errori e incomprensioni, interpretazioni scivolose anche nella traduzione del testo evangelico. Ne è un esempio il versetto 6.  Questo versetto che, iniziando con la preposizione greca ìna – generalmente tradotta con “affinché, perché” – seguita da un congiuntivo, resta irrimediabilmente sospeso. Il testo greco prevede letteralmente un versetto inconcluso o, meglio, che inizia con un “affinché” e non ha una preposizione principale a cui riferirsi; suona infatti così: Affinché dunque sappiate che [in greco: ìna dè èidete hòti] il Figlio dell’Uomo ha potere sulla terra di rimettere i peccati. Dice allora al paralitico […].
I traduttori hanno cercato, come meglio hanno potuto, di rimediare al versetto greco non concluso in modo da portare una certa continuità con il versetto successivo; la CEI, per esempio, scrive: Ma, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati: Àlzati - disse allora al paralitico -, prendi il tuo letto e va’ a casa tua. Ma non si tratta di una traduzione corretta e nemmeno letterale, è piuttosto un aggiustamento che prevede tra l’altro il cambiamento di un verbo dal presente al passato (dice allora al paralitico diventa: disse allora al paralitico). Inoltre, i traduttori inseriscono un “ma” non presente nel testo greco: “Ma perché sappiate che […]”, in modo che la frase possa reggersi.
Il greco del Nuovo Testamento, denominato anche greco ellenistico o koiné, usava ìna unito al congiuntivo non come preposizione subordinata, ma indipendente, con il senso di preghiera, meglio ancora di desiderio o di decisione, significato questo già presente nel greco antico e documentato dai vocabolari, ma decisamente entrato nell’uso comune solo dal primo secolo a.C. La traduzione corretta del versetto 6 introdotto dalla preposizione ìna – letteralmente “ecco”diventa quindi: Ecco, sappiate che il figlio dell’uomo ha autorità di perdonare i peccati sulla terra. Frase indipendente e di senso compiuto. Essa testimonia come Gesù non si presenti al mondo come profeta che annuncia il perdono di Dio, ma come il Figlio di Dio e, come Dio, ha l’autorità e il potere di perdonare i peccati e il peccato del mondo. I dottori della legge, i teologi, i dirigenti del popolo negano a Gesù questo potere, gli negano l’autorità e la verità di essere Dio, e Gesù risponde guarendo il paralitico.
Ma non sono solo i teologi di allora a fare fatica; questa fatica mentale e teologica di riconoscerlo e accettarlo come Dio è la fatica di molti cuori e di molte menti che lo incontreranno lungo la storia. È la fatica di chi ha il cuore in sfida e in rivolta, anche se inconsapevole, con Dio stesso. Come si può non riconoscere il Figlio, quando si ama, si conosce, si adora intimamente il Padre? Solo se i processi della mente si sono indirizzati a pensare male di Dio Padre, a dubitare del suo amore e della sua amorosa presenza, si fa fatica, molta fatica a riconoscere e ad accettare Gesù come Figlio del Padre e non come uomo dai doni soprannaturali. I sacerdoti del tempio, i teologi e i dottori della legge, i depositari della Parola di Dio, senza accorgersi, si erano così allontanati da Dio Padre, si erano così posizionati nella sfida e nella rivolta con il volto del Padre, da costruirsi un altro dio, a loro immagine e somiglianza: per questo non potevano che fare fatica, una enorme, insormontabile fatica a riconoscere in Gesù il volto del Figlio di Dio.
Ecco cosa vede Gesù nella mente di ciascuno degli uomini – il testo letteralmente dice proprio avendo visto i loro pensieri e non conoscendo i loro pensieri –, Gesù vede all’istante la fatica, la fatica di riconoscerlo vero Dio e vero uomo, fatica che, al di là del tipo di confessione e appartenenza religiosa, di ritualità, di ceto sociale, di preparazione teologica, non deriva dalla mancanza di fede, e non è solo frutto del pregiudizio, ma è generata dalla rivolta e dalla sfida mentale maturata per qualsiasi motivo contro Dio stesso.