Amerai il tuo prossimo come te stesso, ecco la seconda procedura del manuale divino. Si tratta di una comparazione: nella misura in cui riesci, sei disposto, sei capace d’amare te stesso, puoi riuscire, sei capace, sei disposto ad amare gli altri.
Ecco perché non si può insegnare l’amore verso il prossimo e quando si prova a farlo il fallimento è completo. L’amore verso i fratelli è perfettamente bilanciato con l’amore verso se stessi. Si può insegnare e ispirare l’uomo all’amore verso se stessi, e solo allora l’amore verso gli altri sarà connaturale e armonioso.
Il disprezzo di quegli alcuni della pagina evangelica che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri è disprezzo prima di tutto per se stessi. Prima che una profonda miseria cardiaca e affettiva nei confronti del prossimo, il disprezzo, come qualsiasi altra forma d’ingiustizia e maltrattamento del prossimo, manifesta una profonda miseria cardiaca e affettiva nei confronti di se stessi.
Per imparare ad amare se stessi, che è perfettamente l’opposto dell’egocentrismo, dell’egoismo, della vanità, della presunzione, dell’orgoglio, del culto della propria immagine, non c’è procedura più funzionale che seguire con tutto il cuore, con paziente insistenza e amante gratitudine la prima procedura (vedi La prima procedura, venerdì 17 marzo 2023). Uno strumento potente per imparare ad amare il Signore è pregare, pregare con cuore umile e colmo di amore. Anche il fariseo, nominato in questa pagina del vangelo, prega, ma in verità non sta pregando l’Onnipotente e non lo sta pregando per imparare ad amarlo, e la prova è il disprezzo, il disprezzo verso i suoi fratelli.
L’evangelista scrive letteralmente che il fariseo pregava verso se stesso: la traduzione è tra sé, ma in greco è verso se stesso. In realtà il fariseo non prega il Signore, ma si rivolge a se stesso, si compiace con se stesso. La sua lode non è rivolta a Dio, ma è una lode rivolta a se stesso.
La sua non è preghiera, ma un compiaciuto vacuo soliloquio sulle proprie virtù, sui propri meriti, sulla propria santità, sul proprio rapporto con Dio, completamente inesistente. Una preghiera scollegata da Dio e dall’amore, piena di disprezzo, giudizio e condanna per i propri simili, un disprezzo che nasce prima di tutto dal disprezzo per sé, per la propria dignità e per la propria essenza spirituale.
Le due procedure sono splendidamente legate e danno i loro frutti di gioia e benessere nella vita, solo se vengono sinergicamente vissute insieme. Non si può dire di amare Dio e disprezzare i fratelli, non si può dire di amare il prossimo senza un profondo amore per se stessi e per il Signore.