Se nel parlato una contraddizione sonora, un’incompatibilità tra suono e atteggiamento, un’incoerenza nel ritmo verbale, gestuale, si può anche non notare, nel canto, quando qualcosa non è armonico, coerente, intonato, ritmico, si nota immediatamente.
Per dire bene riguardo a qualcosa o a qualcuno con le parole, a un uomo bastano suoni articolati, formulati nel pensiero, per dire bene riguardo a qualcosa o a qualcuno cantando, è necessaria la coerenza e la partecipazione di tutta la sua persona, di tutte le sue forze fisiche e spirituali. Per parlare non occorre essere uniti in se stessi, per cantare e benedire, invece, quest’unione è indispensabile. Chi dubita non benedice, chi benedice non dubita. Nessuno può cantare benedicendo la vita e al tempo stesso parlare male della vita. L’uomo che non benedice e non ringrazia per la vita non è degno di riempire l’aria con il suono dei suoi pensieri, e anche se parla è muto, e anche se ci sente è sordo. Colui che non benedice continuamente Dio e la vita è sordo nell’intelletto e nel cuore, e colui che non benedice è muto in ogni sua comunicazione, perché, se non benedice, non ha nulla di reale e bello da comunicare.
Zaccaria, il padre di Giovanni Immergitore, al primo incontro con Gabriele arcangelo che gli annuncia la nascita di Giovanni, non benedice, non esulta, perché è in preda al dubbio, al pensare male, al giudizio e al pregiudizio, per questo la vita lo rende muto e sordo anche fisicamente, perché lo è già intellettualmente e spiritualmente. Quando poi lo Spirito Santo ricolma Zaccaria della propria sapienza e luce, il suo cuore si riempie di consapevolezza e intelligenza e riconosce con umiltà e gratitudine il valore supremo di quell’annuncio, la visita dell’angelo e la venuta del Signore sulla Terra, che suo figlio Giovanni dovrà preparare. Zaccaria, quando diventa umilmente consapevole, entra immediatamente nello stato della lode e della benedizione, e parla di Gesù come del Salvatore Potente, o, meglio, come il testo dice letteralmente: forza di salvezza, energia di salvezza, vibrazione amante di salvezza. Parla di Gesù, anzi canta Gesù, perché ora, senza dubbi e sospetti, giudizi e pregiudizi, è consapevole, riconosce, e per questo ode e glorifica.
Quando l’uomo riconosce con lucidità e gratitudine la provenienza divina della potenza della vita e della realtà, allora la sua parola diventa canto, una continuazione ispirata della Parola. Quando l’uomo benedice con fede e canta a Dio riconoscente e grato, il suono della sua voce si immerge e si confonde col suono della voce del Creatore, con il suono e le vibrazioni del Vivente, il Signore, con il suono e l’armonia dello Spirito Paraclito.
Quando l’uomo non è grato, non loda e non riconosce con gratitudine la grandezza della vita e la gloria di Dio, allora è muto anche se produce suono, perché è soffocato dalla presunzione, è sordo anche se ascolta i suoni e le frequenze della vita, perché è imbottito e ovattato di arroganza. Dovunque e comunque l’uomo si esprima non per benedire la vita e il Creatore, la sua comunicazione è afasica, inutile, sterile, inesistente, molesta, muta.
Anche se l’uomo riempie il mondo di parole dette e scritte, se non sono parole che escono da un cuore grato e che non cantano in qualche modo gratitudine a Dio e al suo amore, sono parole asimmetriche rispetto all’asse della vita, disarmoniche anche se poste in musica, inutili, fuorvianti, vane. È un comunicare muto quanto arrogante, vuoto e svuotante.
Il mutismo e la sordità di Zaccaria ne sono un esempio inequivocabile, come anche lo sciogliersi della sua lingua e del suo ascolto nel momento della fede, della lode e della consapevolezza.