I discepoli di Gesù hanno appena assistito alla moltiplicazione dei pani e dei pesci per migliaia di persone, ma la loro mente associativa non riesce ad accettare la realtà di ciò che vede e sperimenta.
La mente associativa dell’uomo compie in ogni istante il processo psichico dell’idolatria. Cos’è l’idolatria? È considerare reale ciò che è irreale, e considerare irreale ciò che è reale. La mente associativa dei discepoli, pur avendo Gesù davanti agli occhi, pur avendo sperimentato la sua potenza e la sua grandezza, la sua essenza divina e celeste, lo vede come un fantasma. La mente associativa si alimenta del dialogo interiore dell’idolatria, cioè dell’inversione continuativa della realtà, in ogni istante e frangente della vita. È il dialogo interiore dell’idolatria che mantiene la mente dell’uomo nella tempesta del dubbio, nella bufera del pensare male di Dio e di tutto ciò che ha davanti, nell’agitazione continua che fa credere all’uomo di vivere tutta la vita sempre in salita, arrancando con dolore e fatica continuamente contro vento. L’idolatria fa vedere reale ciò che è irreale e irreale ciò che è reale, e questo è un grande guaio per l’umanità. È questo uragano mentale dell’idolatria che genera nell’uomo la paura, l’emozione capace di distruggerlo, l’alimento prediletto di Satana, ciò che rende il Maligno forte e potente.
Cosa può sostituire il dialogo interiore dell’idolatria? La fede, la fiducia in Dio, nella vita, nell’amore vince l’idolatria della mente. Fidarsi di Dio con amore e gratitudine spegne il processo mentale dell’idolatria e accende il processo cerebrale dell’intelligenza. La fede, la fiducia in Dio, non rende l’uomo religioso ma intelligente e senza paura. Ecco letteralmente le parole di Gesù che indicano la procedura per liberarsi dal processo mentale dell’idolatria: Abbiate fiducia, io sono, non abbiate paura.
Abbiate fiducia. Il verbo greco è tharsèo o tharrèo (si tratta di due varianti dialettali), significa fondamentalmente “oso, agisco audacemente”, da cui poi derivano: “mi faccio animo, sono sereno”. I significati più generali sono: “riporre fiducia in qualcuno o qualcosa, fidarsi di, dimostrare coraggio davanti a qualcuno o a qualcosa, affrontare intrepidamente”. Nelle labbra di Gesù questo verbo infonde saldezza, sicurezza. Gesù ai discepoli terrorizzati dona salvezza ma anche sicurezza, coraggio, pace.
Non abbiate paura. Avverbio di negazione mè, “non”, unito all’imperativo aoristo di phobèomai, “ho paura, sono spaventato, temo, sono preso, portato via da timore”. Il significato originario di questo verbo è “fuggire, mettere in rotta, scompigliare, sbaragliare”, movimento d’azione che crea poi il relativo stato d’animo di “paura”, phobòs appunto. Gesù invita i suoi a fidarsi di lui sempre e incessantemente, senza mai trasformare la potenza e la grazia della sua presenza in un fantasma mentale, ideologico: questo è l’unico modo per smettere di avere paura. La fede è l’unica forza psichica-spirituale che può sostituire il processo mentale dell’idolatria e liberare l’uomo dalla paura.