Prima Parola - La prima delle...

Prima Parola

La prima delle parole di Gesù, il Logos di Dio incarnato, la Parola Vivente, il Suono della Frequenza Madre Creatrice, che nel vangelo di Giovanni apre ufficialmente sulla terra la sua azione di ispiratore dell’umanità è: Che cercate? È anche la prima Parola che Gesù pronuncia quando è arrestato dai soldati nel Getzemani, e inizia così il cammino della sua passione: Gesù allora, conoscendo tutto quello che gli doveva accadere, si fece innanzi e disse loro: Chi cercate? (Giovanni 18,4). È ancora la prima Parola di Gesù risorto, rivolta all’umanità, nella persona della Maddalena: Perché piangi, chi cerchi? (Giovanni 20,15).
Il verbo usato è sempre zetèo, “investigo, esamino, indago; chiedo; desidero”. Nell’etimologia questo termine esprime chiaramente di che ricerca si tratta. È la ricerca del controllo, dell’accertamento, di chi deve contare, di chi deve soppesare, di chi deve indagare, esaminare. Si tratta della ricerca mentale dell’inquisizione, si tratta dello sguardo dell’ispezione che è alla ricerca di un malfatto e del colpevole, tanto che lo zetrèion era il luogo di inquisizione sulle colpe degli schiavi, il luogo di pena, il tribunale penale.
Gesù quindi si riferisce a una ricerca che non nasce dal desiderio dell’uomo di evolversi e cambiare spiritualmente, ma a una ricerca che origina da un processo mentale dedito a controllare, inquisire, giudicare, esaminare, investigare per difendere una posizione acquisita. Questo è lo scopo della ricerca che l’uomo effettua nei confronti di Dio, dopo aver scelto di entrare in sfida con lui. È una ricerca inquisitoria, è la ricerca della mente che si è abituata a pensare male di Dio. Gesù sa che il tipo di ricerca dell’uomo nei confronti di Dio e di ogni novità dello Spirito è l’investigazione inquisitoria. Gesù ispira i suoi primi discepoli a uscire da questo necrotico e ingannevole stato mentale del pensare male di Dio con una proposta tanto semplice quanto luminosa ed efficace, raccolta in quattro verbi distribuiti in un paio di frasi.
Il primo invito di Gesù per sostituire il pensare male di Dio con pensieri di amore e fiducia è venite, è il suo invito ad andare, ad andare con lui. Andare, in greco èrchomai, “mi avvicino, vengo, cammino, metto piede, procedo, entro, penetro”. È il muoversi in uno spazio, è creare dello spazio per un movimento inatteso e innovativo, è creare spazio e penetrarvi dentro fino a viverci, a farne parte. È iniziare a sperimentare un evento, un’esperienza, è raggiungere qualcuno o qualcosa nel profondo.
Il secondo verbo rivela la seconda azione indispensabile per iniziare a sostituire la ricerca inquisitoria con la ricerca evolutiva: vedete. Vedere, in greco orào, “percepisco, sento, intendo, mi rendo conto, faccio attenzione, considero, ricevo un’apparizione, vedo, ho una visione, constato, mi rendo conto che, sono presente, prendo parte”, fino al senso figurato di “riconoscere, conoscere, riflettere”. Non indica solo “vedere”, ma “provare, sperimentare, incontrare, capire, rendersi conto”, è attenzione unita alla vista e alla presa di coscienza, non è il semplice vedere, constatare, è entrare dentro una realtà coinvolti dalla sua bellezza. In questo contesto è il vedere e comprendere, è percepire, è conoscere. Gesù invita i suoi a entrare dentro la sua Parola e a seguirlo nel profondo delle sue procedure, per vedere, sperimentare di persona se quello che lui è venuto a portare rende felici oppure no.
Il terzo verbo, la terza azione indispensabile per rivitalizzare e riarmonizzare un sistema di pensiero dedito al giudizio e allo sguardo inquisitorio, e sostituirlo con un sistema di pensiero dedito all’amore e alla gratitudine, è rimanere: quel giorno rimasero con lui. Dimorare, in greco mèno, “rimango, rimango saldo, permango, continuo a essere, persisto, continuo a esistere, a sussistere”. Questo verbo – che affonda le sue radici etimologiche nell’egiziano mn, “restare, essere fermo, essere stabile”, nell’accadico manzazu, “attesa, sosta, stazione di sosta”, e nell’ebraico menuchàh, “luogo di sosta, luogo di riposo, luogo dove ci si ferma nella pace” – ha anche l’accezione di “restare fermo di fronte alle avversità, perseverare, resistere, rimanere, permanere saldo”. Questa è l’azione del rimanere del tempo, più tempo possibile con Lui, in amante meditazione, in adorante preghiera, dialogando interiormente con le sue parole di vita.
La quarta azione è nel verbo condurre: e lo condusse da Gesù. Àgo, “conduco, porto, attiro, conduco me, mi porto via; prendo, vado, marcio, dirigo, sospingo”. È il verbo del movimento e insieme dell’attività efficace, indica l’andare e insieme l’agire, infatti uno dei termini a cui àgo si può collegare è l’antico sumero, a-ag, “fare, produrre, costruire”. Àgo si usa per esprimere l’azione dell’assemblea, l’azione celebrativa comunitaria, la liturgia del movimento insieme, la condivisione, tanto che l’accadico originario achu significa appunto “sono al fianco, guido al fianco, mi muovo al fianco”. La quarta azione per liberarsi dalla ricerca inquisitoria e arrabbiata, ed evolversi verso la ricerca intelligente e spirituale dell’evoluzione, è agire insieme, condurre altri all’amore, a Gesù, è lodare insieme, ispirare altri alla bellezza e all’utilità delle procedure di Gesù, è la condivisione amorosa del benessere, della conoscenza, della ricchezza delle risorse della vita e della terra.
Andare con Gesù, entrare in Gesù, e far entrare in noi Gesù, per creare nuovo spazio vitale, per un movimento inatteso e innovativo.
Vedere e sperimentare, testare, collaudare le sue procedure.
Rimanere il più tempo possibile con Lui, in meditazione, in preghiera, in silenzio amante e adorante.
Condurre altri all’amore, a Gesù, lodare insieme, ispirare altri alla bellezza e all’utilità delle sue procedure, e alla condivisione delle risorse per il benessere di tutti.
Queste sono le quattro azioni proposte da Gesù nelle sue prime parole al mondo, per liberare l’umanità dal cercare inquisitorio, figlio della paura e generatore di morte.

Vangelo di Giovanni 1,35-42

In quel tempo, Giovanni 35 stava con due dei suoi discepoli 36 e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!» 37 E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.
38
Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?» Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?» 39 Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
40
Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41 Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – 42 e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.