Questa sezione presenta quotidianamente il Vangelo del Giorno accompagnato da una riflessione, insieme all'antifona e al Salmo corrispondente, che in alcuni particolari periodi dell’anno liturgico potranno essere musicati e cantati. Ogni giorno potrai vivere la Parola, leggerne il commento e scaricare tutto in formato PDF dalla sezione sinistra del sito.

Sabato 13 Maggio 2023

5a settimana di Pasqua

Parola del giorno
Atti degli Apostoli 16,1-10; Salmo 99,2-3.5; Vangelo di Giovanni 15,18-21

Salmo 99,2-3.5

Acclamate il Signore, voi tutti della terra.
Oppure: Alleluia, alleluia, alleluia.

2 Acclamate il Signore, voi tutti della terra,
servite il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con esultanza.

3 Riconoscete che solo il Signore è Dio:
egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo popolo e gregge del suo pascolo.

5 Perché buono è il Signore,
il suo amore è per sempre,
la sua fedeltà di generazione in generazione.

Vangelo di Giovanni 15,18-21

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: 18 «Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. 19 Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia.
20 Ricordatevi della parola che io vi ho detto: “Un servo non è più grande del suo padrone”. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. 21 Ma faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato».

Qualità dell’amore

Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia. Letteralmente: Se dal [greco èk] mondo foste, il mondo il proprio amerebbe [greco filèo]; poiché invece dal mondo non siete, ma io ho scelto voi dal mondo, per questo odia [greco misèo] voi il mondo.
Il verbo usato per esprimere l’amore del mondo verso chi gli appartiene è filèo, “sono amico, affezionato, ho affetto per; voglio bene, dimostro benevolenza; bacio (in segno d’affetto)”. Etimologicamente filèo risale ai termini accadici billatu, “mescolare, confondere; coprire; spalmare su se stessi”, belum, “capo, padrone, signore, proprietario” e belu, “possedere, prendere per sé, soggiogare, gestire, detenere, prendere il potere”. L’ebraico ba’al, da essi derivante, significa “signore, padrone, possessore; marito”. Filèo indica rivolgere un sentimento di bene-amore verso il proprio, il posseduto. Denota attaccamento personale, predilezione sentimentale ed emotiva, spesso si riferisce al sentimento di bene-amicizia come questione di principio, di dovere e correttezza. Filèo è il verbo del baciare come segno di tenerezza e benevolenza. Nel mondo greco infatti il bacio, più che tra amanti, è segno di scambio tra parenti, amici; è verso il sovrano, il padrone: è insomma segno di appartenenza e di relazione amorosa da essa derivata. In ogni caso filèo esprime affetto amoroso per qualcuno, nella sfera però dell’amicizia. È insomma una preferenza, è un porre al di sopra.
La lingua greca, per esprimere l’amore totale, sconfinato, senza limiti, senza condizioni e riserve, l’amore straordinariamente grande, pieno e completo, usa un altro verbo, agapào, “amo, accolgo con amore”. Esso si rifà all’antica radice ebraica hv – dalla quale tutti i derivati ohav, “delizia”, ahavim, “amori”, ahava, “amore” – di cui l’Antico Testamento si serve per esprimere il concetto di amore, dalla passione travolgente tra uomo e donna, alla fedeltà e l’amicizia verso l’amico, all’amore cosmico o l’amore geloso che sceglie il suo oggetto tra altri migliaia e lo preferisce con tutta la sua forza e la sua passione. Agapào, da cui l’aggettivo agapetòs, “amato, diletto, amabile”, indica un amore pienamente volontario, gratuito, senza la necessità, la pretesa o la presenza di un ritorno; è frutto di libera scelta, è una disposizione interiore, un modo di percepire interiore, di accogliere la realtà tutta, che diventa modo di fare e di essere. Nel vangelo l’amore è la nuova legge, la nuova direttiva, è l’entrare dentro un nuovo modo di vedere, è la metànoia.
Quando Gesù risorto si rivolge a Pietro, che lo aveva tradito tre volte, e gli chiede: Simone figlio di Giona, mi ami tu più di tutti costoro, usa il verbo agapào. Quando Pietro risponde a Gesù: Signore, tu lo sai che io ti voglio bene, usa il verbo filèo. L’agapào richiesto da Cristo era, appunto, un’accoglienza totale, il filèo risposto da Pietro, un “essere amico”, un “voler bene”, un “tener caro” come si fa con gli amici. Il mondo, il sistema affettivo umano, da solo, senza la forza dello Spirito, può al massimo offrire questo tipo di amore, niente di più. Il mondo, il sistema affettivo dell’uomo, nemmeno conosce l’amore-agàpe. Gesù ha scelto i suoi discepoli per imprimere nel mondo, nel mondo affettivo dell’uomo, un nuovo modo di amare, un nuovo modo di far sgorgare dal cuore l’energia dell’amore.
Coloro che in questo mondo cercheranno, pur con i loro limiti ed errori, di amare come Gesù ci ha insegnato attraverso le sue procedure, sarà misconosciuto e odiato dal mondo, da questo mondo affettivo dell’uomo: per questo il mondo vi odia [greco misèo]. Il verbo misèo, “disprezzo, detesto, vanifico, non tengo in considerazione”, ha un’accezione fortissima, in quanto implica la persecuzione con l’odio fino alla distruzione e alla successiva vanificazione e dimenticanza. I due verbi accadici di origine, meshu, “odiare, disprezzare”, e mashu, “non avere in considerazione, dimenticare”, ben testimoniano la radice semantica di questo verbo. Misèo evidenzia un contrasto insanabile, senza possibilità di risoluzione.
Decidere di lasciarsi scegliere da Dio, per imprimere in questo mondo un nuovo modo di amare secondo le procedure del vangelo, è decidere di portare il più bel frutto di benessere e felicità al mondo, ma è anche decidere di farsi giudicare, condannare, odiare e perseguitare dal mondo e dal suo sistema affettivo. È inevitabile.