Zaccheo è un peccatore, è un ladro, un imbroglione, un usuraio, ma usa gli occhi per vedere Gesù, usa le orecchie per ascoltare la Parola del Signore e le sue ispirazioni, usa la bocca per consacrare nelle mani di Gesù la propria metànoia, il proprio mutamento di dialogo interiore, prima rivolto al ladrocinio ora al dono e alla condivisione. La gente, invece, descritta col termine tutti nel testo del vangelo, ha sì occhi, ma solo per lo sguardo indagatore e giudice, ha sì orecchi, ma solo per ascoltare le critiche, le chiacchiere, il pettegolezzo, ha sì la bocca, ma solo per mormorare, calunniare, denigrare. La gente ha occhi, orecchi e bocca e non ha altro. Se per caso la gente fosse provvista d’altro, anche a livello cerebrale, è stata comunque ben addestrata a non servirsene per nessun motivo.
Zaccheo sale sul sicomoro, si eleva di un paio di metri, quanto basta per elevarsi spiritualmente a vette più alte, per essere puntuale all’appuntamento con il Maestro Signore. Zaccheo si toglie fuori da quel mortale tutti, da quella cieca, sorda, mormorante marmaglia e usa tutto se stesso per incontrare il suo Signore che lo salva, lo ripristina da dentro, lo ricentra nell’asse della vita. Zaccheo sale sul sicomoro e si salva dall’inondazione di stupidità e arroganza che giudica il Figlio di Dio, le sue scelte, le sue azioni. Zaccheo è un ladro, un disonesto come pochi ma, in un istante, la sua intelligenza sposa la sua spiritualità e si unisce nel desiderio di incontrare Colui che salva. La gente invece mormora su Gesù, mormora su Zaccheo, mormora su Dio, mormora sull’uomo. La gente a furia di mormorare si riempirà la bocca, le orecchie e gli occhi di quel fango che per così tanto tempo ha fatto fuoriuscire da sé con tanta gratuità e superbia, e annegherà senza nemmeno più la possibilità di urlare e di chiedere aiuto.