Questa sezione presenta quotidianamente il Vangelo del Giorno accompagnato da una riflessione, insieme all'antifona e al Salmo corrispondente, che in alcuni particolari periodi dell’anno liturgico potranno essere musicati e cantati. Ogni giorno potrai vivere la Parola, leggerne il commento e scaricare tutto in formato PDF dalla sezione sinistra del sito.

Venerdì 23 Ottobre 2020

29a settimana del Tempo Ordinario

Parola del giorno
Lettera agli Efesìni 4,1-6; Salmo 23,1-4b.5-6; Vangelo di Luca 12,54-59

Salmo 23,1-4b.5-6

Noi cerchiamo il tuo volto, Signore.

1 Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
2 È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito.

3 Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
4 Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli.

5 Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
6 Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe.

Vangelo di Luca 12,54-59

In quel tempo, Gesù 54 diceva alle folle: «Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: “Arriva la pioggia”, e così accade. 55 E quando soffia lo scirocco, dite: “Farà caldo”, e così accade. 56 Ipocriti! Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? 57 E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto?
58 Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada cerca di trovare un accordo con lui, per evitare che ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esattore dei debiti e costui ti getti in prigione. 59 Io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo».

Adami ed Eve

In natura la legge della forza gravitazionale universale è già stabilita ed esiste prima e indipendentemente dalle valutazioni, dalle decisioni e dalla capacità di comprensione dell’uomo. L’uomo non è nelle condizioni di usare la propria intelligenza per sovvertire e modificare questa legge né di poter decidere se è giusta o meno, se gli conviene o meno, ha tuttavia la possibilità di usare la sua intelligenza per imparare a vivere all’interno del sistema governato dalle leggi della forza gravitazionale universale, nel modo più equilibrato, sano, armonioso e grato possibile.
Il Creatore non ha fatto dono dell’intelligenza all’uomo perché l’uomo tocchi e mangi il frutto dell’albero, il bene e il male, tanto da deformarlo con le proprie azioni (toccare) e da trasformarlo, nella metabolizzazione delle proprie viscere mentali (mangiare), a proprio parere e piacimento, e in tal modo decidere da sé ciò che è vitale e mortale, mettendo così mano alle leggi che governano il tutto e l’uno. Adamo ed Eva, nell’istante in cui toccano e mangiano il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, in ebraico ‘etz ha-da’at-tov ve-ra’, non guadagnano affatto l’onniscienza promessa dal Serpente demoniaco, onniscenza che l’uomo non avrebbe comunque mai potuto possedere in quanto è unicamente prerogativa di Dio. Dopo la scelta, dopo aver toccato e mangiato il frutto, l’uomo neppure aggiunge nulla alla propria capacità percettiva spirituale perfetta di distinguere e sentire il vitale e il mortale – capacità che l’uomo già possedeva e che l’Eterno non poteva di certo rifiutare alla sua creatura intelligente –; ora, piuttosto, l’uomo si ritrova ad averla soffocata e resa muta. Con la scelta di mangiare il frutto dell’albero, l’uomo mette mano alla conoscenza del bene del male, conoscenza del vitale e del mortale, conoscenza che Dio si era riservato per il governo perfetto dell’armonia e la sopravvivenza di tutta la vita. L’uomo vi mette mano in modo incompetente, infantile e arrogante, per sfida e rivolta, non per amore e crescita spirituale. Dopo la caduta, gli Adami ed Eve si sono arrogati la facoltà di decidere da se stessi ciò che è bene e male, vitale e mortale e di agire di conseguenza: una rivendicazione di autonomia morale con la quale l’uomo spegne il suo sistema percettivo, il suo sentire divino a immagine e somiglianza di Dio e rinnega il suo stato di creatura e il suo legame di figlio con il Padre celeste. Con la scelta, gli Adami ed Eve hanno attentato alla sovranità di Dio, si sono posti intimamente in rivolta con il loro Creatore, hanno deciso di immergere l’intelligenza nell’orgoglio e non più nella sapienza, hanno preordinato il gusto emotivo alla trasgressione e non alla felicità, motivato le azioni prima al conflitto che a qualsiasi altra alternativa. Tutto questo processo disarmonico e separatore dà vita – usando qui questo verbo nel modo più paradossale, a qualcosa che la vita non conosceva – alla morte. Il Creatore avvisa Adamo: Non mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male, perché certamente moriresti. In realtà letteralmente è scritto tu diventeresti passibile di morte (letteralmente: di morte morirai, in ebraico mòt tamùt). Il Creatore non minaccia, ma avvisa, che toccare e mangiare il frutto produrrà come effetto una terribile deformazione creaturale, innescherà un processo prima inesistente, il processo della morte. Non c’è nulla di spirituale che, nel bene o nel male, non coinvolga in modo determinante la dimensione fisica, il DNA, gli atomi, e tutte le forze naturali. Sotto l’inganno di Satana, la scelta di Adamo, compiuta nel tentativo di usurpare la potenza creativa del Creatore, permette agli Adami ed Eve una specie di finto atto creativo al rovescio, l’invenzione da parte delle creature di un processo perverso e distruttivo, l’invenzione della morte. Questa realtà è inequivocabilmente rivelata in Sapienza 2,24 dove è scritto: Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo;
e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono. La scelta provoca un cambio di dimensione creaturale, anche se non immediato. Mangiare il frutto non procura ad Adamo e ad Eva una morte istantanea, infatti ambedue sopravvivono: il testo parla della morte come di una nuova dimensione prima sconosciuta, ne parla come il termine di una vita misera e triste. Toccare e mangiare il frutto, l’atto di superbia di arrogarsi il diritto di modificare il vitale e mortale a proprio piacimento e vantaggio, innesca processi biofisici ed elettrochimici nell’uomo che hanno reso l’uomo passibile di morte.
A questa generazione Gesù fa un ultimo forte avvertimento, anzi a dirla tutta, Gesù si pone come l’ultimo decisivo avvertimento a questa generazione. Ipocriti! Sapete valutare l'aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto? Come mai non sapete valutare i tempi che state vivendo e per quale motivo vi trovate a vivere in questo modo tra morte e miseria? Non sapete proprio capire da soli cosa sta succedendo, dove vi stanno conducendo le vostre scelte e le vostre azioni. A furia di decidere da voi stessi ciò che è bene e ciò che è male, vitale e mortale, ora non siete più in grado di comprendere cosa vi sta accadendo, la mortalità di questi tempi e la tempesta cosmica che è già sopra le vostre teste. Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada cerca di trovare un accordo con lui, per evitare che ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all'esattore dei debiti e costui ti getti in prigione. Lungo la strada di questa vita terrena, prima di trovarvi davanti al Magistrato Eterno, cercate, Adami ed Eve, di mettervi d’accordo, di trovare un accordo, un equilibrio che spenga la rivolta contro Dio, che renda muto l’orgoglio e cancelli il desiderio di usurpare a Dio il governo del vitale e del mortale, altrimenti sarete consegnati agli esattori celesti, per rifondere tutti i debiti del non amore e dell’ingiustizia che hanno danneggiato l’uomo con la miseria, la fame, la sofferenza, la tristezza. Ritornate in voi stessi, Adami ed Eve, prima che le potenze dei cieli, le forza incommensurabili del cosmo, dell’universo e della natura, a cui vi siete ribellati, e che pensavate di poter governare a vostro piacere e interesse, vi chiudano in una prigione inimmaginabile e sconvolgente. Io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo.