Questa sezione presenta quotidianamente il Vangelo del Giorno accompagnato da una riflessione, insieme all'antifona e al Salmo corrispondente, che in alcuni particolari periodi dell’anno liturgico potranno essere musicati e cantati. Ogni giorno potrai vivere la Parola, leggerne il commento e scaricare tutto in formato PDF dalla sezione sinistra del sito.

Venerdì 16 Ottobre 2020

28a settimana del Tempo Ordinario

Parola del giorno
Lettera ai Efesìni 1,11-14; Salmo 32,1-2.4-5.12-13; Vangelo di Luca 12,1-7

Salmo 32,1-2.4-5.12-13

Il Signore si è sempre ricordato della sua alleanza.

1 Esultate, o giusti, nel Signore;
per gli uomini retti è bella la lode.
2 Lodate il Signore con la cetra,
con l’arpa a dieci corde a lui cantate.

4 Retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
5 Egli ama la giustizia e il diritto;
dell’amore del Signore è piena la terra.

12 Beata la nazione che ha il Signore come Dio,
il popolo che egli ha scelto come sua eredità.
13 Il Signore guarda dal cielo:
egli vede tutti gli uomini.

Questo salmo può essere cantato utilizzando la melodia di BEATO IL POPOLO
 

Vangelo di Luca 12,1-7

In quel tempo, 1 si erano radunate migliaia di persone, al punto che si calpestavano a vicenda, e Gesù cominciò a dire anzitutto ai suoi discepoli: «Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia. 2 Non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto. 3 Quindi ciò che avrete detto nelle tenebre sarà udito in piena luce, e ciò che avrete detto all’orecchio nelle stanze più interne sarà annunciato dalle terrazze. 4 Dico a voi, amici miei: non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo e dopo questo non possono fare più nulla. 5 Vi mostrerò invece di chi dovete aver paura: temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geènna. Sì, ve lo dico, temete costui. 6 Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. 7 Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate paura: valete più di molti passeri!»

Lievito

In questo caso Gesù non rivolge la sua Parola alle folle, a quella moltitudine che si sta calpestando. Il verbo greco che descrive questo assordante e disordinato stato di confusione della folla, dato dall’ammassamento, è katapatèo, che significa “pesto fino a sfondare, fracassare, sbattere, urtare contro, sfondare”. Questo atteggiamento della folla è il risultato e il simbolo dell’addestramento dell’ignoranza, frutto del non avere un ordine, non avere le procedure vitali, una direzione, un modo da seguire, tanto da arrivare a distruggersi e a schiacciarsi a vicenda.
In questo caso Gesù si rivolge solo ed esclusivamente ai discepoli, ai dodici che poi guideranno le folle, e lo fa per metterli in guardia da un possente, mortale pericolo. Dice letteralmente il testo: Guardate [greco: prosècho] voi stessi [greco: heautòu] dal lievito [greco: zùme] che è l’ipocrisia dei farisei. Il verbo prosècho – composto dalla preposizione pròs, “a, verso”, unita al verbo ècho, “ho, tengo, trattengo, posseggo” – significa “dirigo la nave verso terra, approdo, sbarco; rivolgo l’attenzione, sto attento a; seguo come guida; vigilo su”, il pronome riflessivo heautòu, significa “se stesso, proprio sé, la propria persona”. Gesù rivela il principio di ogni sapienza e prudenza: la prima cosa da fare è vigilare, portare la nave della propria persona all’approdo sicuro. La prima attenzione è verso se stessi. Attenzione rispetto a che cosa? Al lievito, al lievito dell’ipocrisia.
Zùme, “lievito”, etimologicamente indica l’azione del rimescolare, del mischiare, dalla radice sanscrita yus- che significa “aggiogare, collegare”. Il greco zùme, tradotto con “lievito”, più letteralmente si traduce con “fermento”. Il fermento, per costituzione, è una realtà infinitesimale ed è inefficace fino a quando è separato dall’elemento attivante. Quando viene in contatto con l’elemento-ambiente a cui è destinato, il fermento si innesca. A questo punto comincia ad alimentarsi e a venir alimentato fino a diventare parte integrante del luogo in cui è stato immesso.
Qual è il fermento più pericoloso per il cuore dell’uomo?
Hupòkrisis – dal verbo hupokrìnomai, “rispondo, faccio l’attore, sostengo la parte di, declamo, fingo” – è il sostenere una parte, è la recitazione, la declamazione, la finzione, la simulazione. Il cuore della parola è krìno, verbo che indica separazione e giudizio.
Il fermento più pericoloso per il cuore umano è l’ipocrisia, il fermento dell’ipocrisia. Il fermento della separazione in se stessi, della separazione tra ciò che siamo veramente e ciò che, per paura, ambizione, potere, vanità, vogliamo mostrare e dimostrare agli altri. Questo è il lievito della separazione e dell’ipocrisia.
Per non farsi deformare e degenerare dal fermento dell’ipocrisia non occorre essere perfetti e sempre perfettamente coerenti: chi degli uomini potrebbe mai esserlo? Non è il lievito della perfezione che vince il lievito dell’ipocrisia, non è non commettere mai errori e peccati che libera dal lievito della separazione interiore. Chi degli uomini potrà mai essere perfetto e perfettamente coincidente e coerente in se stesso? Che non sarà la perfezione e la perfetta coerenza a salvarci dal lievito dell’ipocrisia è potentemente espresso da un uomo santo e pieno di Spirito come Paolo di Tarso quando afferma di se stesso: infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio (Romani 7,19).
Non è la perfetta coerenza tra ciò che si vive dentro e ciò che si dimostra fuori che Gesù indica come liberazione dal lievito mortale dell’ipocrisia, ma l’amore-sacro timore di Dio. Vi mostrerò invece di chi dovete aver paura: temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geènna. Sì, ve lo dico, temete costui. Gesù usa il termine paura e timore, perché in verità l’uomo si lascia fermentare dal veleno dell’ipocrisia e della separazione interna per timore e paura, il gigantesco timore e la devastante paura del giudizio altrui, di perdere davanti agli uomini prestigio, fama e potere. Secondo Gesù, l’ipocrisia velenosa non deriva dalla fatica e dal limite umano di essere coerenti tra ciò che si crede e si ama e quello che si riesce a mettere in pratica. In questo senso in poche occasioni l’ignoranza spirituale e la stupidità mentale si sanno unire in un amplesso sinaptico cerebrale tanto potente da essere capace di affermare: quello è uno che predica bene ma razzola male. Quale uomo o donna della storia umana, di qualsiasi ordine e grado, in qualsiasi compito e responsabilità è mai stato perfettamente coerente e trasparentemente luminoso? L’ipocrisia che Gesù ci invita a evitare come lievito velenoso è l’ipocrisia che è messa in atto come scelta di vita, come scelta definita dell’anima, come orientamento mentale preciso e scelto per assicurare la popolarità, ingrassare la reputazione, mantenere la celebrità, favorire l’etichetta, mantenere la facciata, il credito, la fama, l’onorabilità.
Gesù insiste nel dire che è meglio temere Dio piuttosto che temere gli uomini e il loro giudizio e di conseguenza usare l’ipocrisia come arma di potere e prestigio. Che poi Gesù non intenda affatto ispirarci ad avere paura di Dio ma a diventare sapienti, rispettando la sua autorevolezza, è chiaramente esplicitato quando dice: Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate paura: valete più di molti passeri!
Gesù ci invita a liberarci per sempre dalla paura, dalla paura provocata dalla vanità e dall’ambizione. Ci ispira a smettere di aver paura, a smettere definitivamente di avere paura degli uomini, del loro giudizio, del loro riconoscimento, dei loro poteri terreni.