Chiesa, alcuni approfondimenti linguistici.
Il termine chiesa in Peshitta, il testo aramaico dei vangeli, è ‘etò’ – da ‘adt, radice ‘ad, “celebrare, dare una festa” – termine che indica un grande raduno, un’immensa riunione dove si fa musica, c’è cibo in abbondanza, divertimento e tutti e l’universo intero ne possono godere. Il primo segno da cui si riconosce se la chiesa sta seguendo l’ispirazione di Dio e la Parola di Gesù è la sua dimensione di festa e di gioia in tutto il suo muoversi tra gli uomini. Dove non ci sono gioia e festa, lode e banchetto-condivisione non c’è la chiesa di Dio. Chiesa significa trasparenza e condivisione della gioia. La chiesa terrena è racchiusa in un termine che esprime il significato di un gigantesco, festosissimo banchetto, esattamente come viene descritta (in tutta la bibbia) la chiesa celeste: un gigantesco, festosissimo banchetto senza fine. Sono due le parole ebraiche da cui la radice aramaica di ‘etò’ deriva. Il verbo ia‘ad – radice w(e)d – “indicare, stabilire, costruire, fissare”; detto per la donna, “sposare”; significa anche “adunarsi, convenire, andare insieme presso uno”. Poi c’è il sostantivo ‘edàh, che ha due significati fondamentali: il primo è “adunanza, assemblea, congregazione, moltitudine, comunità familiare”, il secondo significato è “testimonianza”.
Quando Kefa/Kepa risponde a Gesù: Tu sei il Figlio del Dio Vivente, Gesù lo chiama Simone figlio di Giona, perché Dio Padre ha rivelato proprio a lui un segreto, gli ha aperto la visione, gli ha dettato la verità. La chiesa però non si fonda su argomenti e riflessioni umane. Infatti Gesù, subito dopo, allo stesso Simone impone il nome Pietro. Qui Gesù fa un gioco di parole con il suo nomignolo Kefa-roccia-pietra.
I semiti per parlare della verità usano la metafora della pietra, kepa; chi, per compiere un paragone, usa la parola pietra o roccia, sta parlando della verità. La verità, come la pietra, è così ferma e dura che non può essere modificata o alterata. È sulla kepa, su questa kepa-pietra, è sulla verità che viene ispirata da Dio, che Gesù costruisce la sua chiesa. Il pronunciamento di Pietro è la verità, ferma e dura come la roccia. Il termine kepa inoltre significa e implica anche l’idea di protezione, rifugio, supporto. Il salmista dice: Dio è la mia roccia, un porto, rifugio, protezione. Gesù ha chiesto quindi a Pietro non solo di essere una roccia ma anche un supporto-rifugio.
Gesù sottolinea che la chiesa è sua, non è di Pietro, non è di Roma, né del Vaticano, né di alcuno degli uomini santi o peccatori di questa terra; la chiesa è di Gesù, è sua proprietà. E non si tratta solo di un atto di proprietà ma di una rivelazione di provenienza. Simone, la roccia di fondamento, è al tempo stesso costituito anche come forza, rifugio per i suoi amici soprattutto dopo la crocifissione e risurrezione di Gesù. Pietro deve essere un aiuto solerte per rinforzare i fratelli nella loro fede e aiutarli a costruire comunità innamorate, generate dalla condivisione, liberate da ogni forma di ambizione, potere, prestigio umano e sete di preda e conquista, piene di uomini e donne felici, comunità gioiose nel Signore Gesù. Questa è la chiesa che le potenze del Maligno non potranno mai, mai conquistare, perché una chiesa che non ha depredato e conquistato non dovrà mai e poi mai temere di essere a sua volta depredata e conquistata.