Questa sezione presenta quotidianamente il Vangelo del Giorno accompagnato da una riflessione, insieme all'antifona e al Salmo corrispondente, che in alcuni particolari periodi dell’anno liturgico potranno essere musicati e cantati. Ogni giorno potrai vivere la Parola, leggerne il commento e scaricare tutto in formato PDF dalla sezione sinistra del sito.

Domenica 28 Giugno 2020

13a del Tempo Ordinario – Anno A

Parola del giorno
Secondo Libro dei Re 4,8-11.14-16; Salmo 88,2-3.16-19; Lettera ai Romani 6,3-4.8-11; Vangelo di Matteo 10,37-42

Salmo 88,2-3.16-19

Canterò per sempre l’amore del Signore.

2 Canterò in eterno l’amore del Signore,
di generazione in generazione
farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà,
3 perché ho detto: «È un amore edificato per sempre;
nel cielo rendi stabile la tua fedeltà».

16 Beato il popolo che ti sa acclamare:
camminerà, Signore, alla luce del tuo volto;
17 esulta tutto il giorno nel tuo nome,
si esalta nella tua giustizia.

18 Perché tu sei lo splendore della sua forza
e con il tuo favore innalzi la nostra fronte.
19 Perché del Signore è il nostro scudo,
il nostro re, del Santo d’Israele.

Questo salmo può essere cantato utilizzando la melodia CANTERÒ PER SEMPRE

Vangelo di Matteo 10,37-42

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: 37 «Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; 38 chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me.
39 Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.
40 Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.
41 Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto.
42 Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

Riflesso

Dio ci ha creato la terra, ma noi non abitiamo la terra, noi abitiamo il riflesso del nostro pensiero che ci siamo fatti sulla terra, per questo la stiamo massacrando senza ritegno alcuno.
Dio ci ha donato il mondo, ma noi non abitiamo il mondo, in ogni istante noi abitiamo il riflesso del pensiero che la nostra mente ha creato del mondo.
Dio ci ha donato la possibilità di avere relazioni, ma noi non viviamo le relazioni, viviamo il riflesso del nostro pensiero che in ogni momento la nostra mente ci fornisce di ciò che secondo la mente sono le relazioni.
Dio ci ha donato l’aria, l’acqua, gli animali, gli alberi, la luce, ma noi non abitiamo queste realtà come Dio ce le ha donate, piuttosto come la nostra mente si è determinata a viverle.
Invece di riconoscere nel mondo una realtà magnifica e trasfigurata dalla percezione che tutto ciò che esiste viene dall’Eterna Trinità di Dio, la nostra mente crea riflessi e immagini di ogni cosa, fornendoci un mondo non solo alterato, ma finto, illusorio, inesistente.
Questa è l’illusione che sta devastando tutto e creando all’umanità sofferenza inaudita e morte senza fine.
Lo spirito di cui siamo fatti, immagine e somiglianza di Dio, sente e riconosce incessantemente questo stato illusorio in cui vivono la nostra mente e la nostra persona se diamo retta solo alla mente, e ci dà segnali di non vivibilità, di mortalità latente attraverso mille sintomi e segni che noi chiamiamo malattia, disgrazia, infelicità, tristezza, paura. In realtà sono solo segnali di disarmonia che servono come richiamo e come sveglia per riconoscere lo stato di illusione in cui siamo caduti, per poter rinascere.
Solo da questa rinascita, da questa risurrezione dello spirito ha senso parlare di dono di se stessi, di solidarietà, di condivisione, di vera compassione per l’uomo. Aver compassione di una persona per lo stato di necessità in cui si trova e al tempo stesso non percepire fortemente il profumo di eternità che quell’essere, pur nella sua indigenza, esala, emana e sprigiona, non è amore, non è amare nella luce di Dio, è una forma mistificata di possesso.
Aiutare chi ha bisogno, secondo l’illusione della mente, è un gesto nella direzione del dare; invece, nello stato di risveglio, è un’azione del dare e del ricevere. Doni un bicchiere d’acqua e ricevi l’eternità. Non per una questione di merito o di ricompensa, nemmeno per premio e gratificazione. È una squisita questione di canali. Quando dal tuo cuore, come un canale di amore, sgorga un gesto, un sorriso, un bicchiere d’acqua, il canale del tuo cuore riceve istantaneamente il fiume e la cascata dell’amore di Dio. Essere consapevoli di questo sposta completamente il modo in cui ci si pone nei confronti della carità, ma anche nei confronti di chi si cerca di aiutare e risollevare. La condivisione apre un canale di amore con la persona con cui si condivide e al tempo stesso con l’essenza di Dio. Aiutare una persona senza sentire che in quell’istante Dio ti sta in quella persona investendo di tutta la sua presenza è un atto di presunzione e di possesso. Aver compassione, immergersi nel dolore della gente e del mondo senza questa visione e senza questa percezione è frustrante, toglie energie, incattivisce, spegne. Ecco perché Gesù afferma: Chi accoglie voi, accoglie me; chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. L’accoglienza, l’amore, l’aiuto, la solidarietà non sono il nostro gesto di bene verso qualcuno che ha bisogno, ma sono un travaso possente e interminabile di amore e di luce. Aiutare senza percepire di essere stati graziati e salvati, redenti e riempiti di Dio da coloro che abbiamo aiutato, spegne l’amore. Aiutare un povero pensando che lui sia povero e noi non poveri, soccorrere un bisognoso con l’atteggiamento di chi non ha bisogno, è perversione satanica anche se vestita di perbenismo e solidarietà.
Non abbiamo ancora capito che quando ci aiutiamo, ci trasmettiamo Dio e la sua luce, non il nostro soccorso.
Ecco perché Gesù afferma che chi aiuta il profeta riceve in sé l’eternità e l’amore di Dio che si sprigiona dal profeta. Chi accoglie e aiuta un giusto sarà sommerso dalla potenza dell’eterno che si sprigiona da colui che vive nella giustizia.
Addirittura chi disseta uno di questi piccoli sarà immerso della luce e della potenza e del lavacro che il piccolo e il povero sprigionano di Dio e della sua bellezza. Non è il fare, la moltiplicazione delle azioni di solidarietà, di intervento, di soccorso che cambieranno il mondo e lo renderanno migliore. Non saranno le montagne di riso cadute dagli aerei sui campi di raccolta profughi che solleveranno i poveri dalla loro indigenza. Non è solamente fare che salva, ma fare e compiere il bene nella luce di questa consapevolezza.
Questo è splendidamente spiegato nelle parole di Gesù, parole potenti per lo spirito e sconcertanti per la nostra mente e le nostre convinzioni. Così funziona in ogni ambito della vita e soprattutto nel mondo delle relazioni.
Dio ci ha dato una madre per trasmetterci la vita, accudirci, nutrirci, proteggerci, ma chi abita questa relazione secondo il riflesso della propria mente che fa riconoscere più autorità a questa donna che a Dio stesso, più autorità alle aspettative di questa donna che a quelle della propria anima, Gesù dice in modo fermo e fortissimo: Non è degno di me. Così per chi abita in questo modo, secondo il riflesso del proprio pensiero, la relazione con il padre, con i figli, con gli affetti in genere. Amare la madre perché è la madre e non perché è una donna, che se amata ti sprigiona l’amore di Dio, non è amore, è possesso, è relazione di condanna, generata da rimorsi, fondata sui ricatti, incatenata ai cordoni ombelicali, sostenuta dai sensi di colpa. Gesù dice a chi ama così: Non è degno di me. È come dire: Non ama per niente, non vive in Dio.  
È così anche per chi vive la propria croce fatta di difficoltà quotidiane, limiti, fragilità personali, senza abitarla come un canale di ricezione della potenza e della luce di Dio: non vive bellezza, non vive grazia, non vive in Dio.
Le difficoltà di ogni giorno, i limiti, gli imprevisti, i piccoli grandi nemici di ogni giorno non sono nemici in realtà; visti in modo realistico senza annegare nei riflessi del pensiero, sono canali dove possono accadere l’amore, il perdono, l’accoglienza, dove insomma possiamo trasmettere e riceve la luce di Dio. Anche perché se non riceviamo luce da tutto ciò che accade anche di spiacevole, va da sé che riceviamo collera, rabbia, fastidio e paura.