Questa sezione presenta quotidianamente il Vangelo del Giorno accompagnato da una riflessione, insieme all'antifona e al Salmo corrispondente, che in alcuni particolari periodi dell’anno liturgico potranno essere musicati e cantati. Ogni giorno potrai vivere la Parola, leggerne il commento e scaricare tutto in formato PDF dalla sezione sinistra del sito.

Lunedì 22 Giugno 2020

12a settimana del tempo Ordinario

Parola del giorno
Secondo libro dei Re 17,5-8.13-15a.18; Salmo 59,3-5.13-14; Vangelo di Matteo 7,1-5

Salmo 59,3-5.13-14

Salvaci con la tua destra e rispondici, Signore!
Oppure: Salvaci, Signore, per amore del tuo popolo.

3 Dio, tu ci hai respinti, ci hai messi in rotta,
ti sei sdegnato: ritorna a noi.

4 Hai fatto tremare la terra, l’hai squarciata:
risana le sue crepe, perché essa vacilla.
5
Hai messo a dura prova il tuo popolo,
ci hai fatto bere vino che stordisce.

13 Nell’oppressione vieni in nostro aiuto,
perché vana è la salvezza dell’uomo.
14
Con Dio noi faremo prodezze,
egli calpesterà i nostri nemici.

Vangelo di Matteo 7,1-5

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 1 «Non giudicate, per non essere giudicati; 2 perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi.
3
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? 4 O come dirai al tuo fratello: “Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio”, mentre nel tuo occhio c’è la trave? 5 Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».

Krìno

Letteralmente è scritto: non giudicate-separate [greco: krìno].
Krìno, “distinguo, scelgo, ritengo, penso, stimo, stabilisco, decido, processo, accuso”. La radice rimanda a quella del latino cèrno, “separo, distinguo”, infatti l’azione alla base di questo verbo è il separare, distribuire, vagliare, setacciare; decidere. Anticamente riguardava l’azione del fare mucchi separati di grano e di paglia: l’antico babilonese qaranu, infatti, significa “ammucchiare grano e paglia”, l’accadico karawu, “separare”. Krìno è l’atto del vagliare, che si estende poi, nel suo percorso semantico, all’atto del “sentenziare, pensare, considerare, determinare, decidere”.
Gesù ci invita con molta forza a rispettare questa procedura, letteralmente è scritto: Non giudicate-separate perché non siate giudicati. Con quel giudizio infatti giudicate sarete giudicati, e con quella misura misurate sarà misurato a voi. Perché? Giudicare-separare è un’azione di Dio, e solo Dio ha le competenze e l’autorità per farlo. Giudicare è sempre porsi al posto di Dio, sempre e comunque. Gesù ci avverte che, allo stesso modo in cui, giudicando i nostri fratelli, ci mettiamo al posto di Dio, compiendo un’azione di Dio, così altri lo faranno con noi. Anzi precisa che, addirittura, la misura, il vaglio, il setaccio usato per giudicare gli altri sarà usato con noi e con la nostra vita. Non è un ricatto, è semplicemente una procedura. Semplicemente funziona così per tutti.
Ma perché giudicare è così grave secondo le procedure evangeliche?
Quando l’uomo giudica compie sempre queste tre cose abominevoli e mortali.
Primo, si mette al posto di Dio e, stabilendo pesi e misure del tutto umani, compie all’istante un gesto mentale e spirituale di assurda idolatria che, al tempo stesso, denota profonda, arrogante ignoranza.
Secondo, mentre giudica, l’uomo si erige a superiore giudice di giustizia nei confronti dei suoi fratelli, quando nessun uomo è in realtà senza debiti e peccati nei confronti dell’amore. Perciò, quando si giudica un proprio simile, si compie sempre inevitabilmente un atto di assoluta ipocrisia e superba alterigia nei confronti dei propri fratelli e di Dio. Gesù sottolinea questo concetto affermando letteralmente: Perché poi osservi la pagliuzza quella nell’occhio di tuo fratello, la trave invece nel tuo occhio non consideri?
Terzo abominio, il più pericoloso. Quando si giudica, si usano per forza dei metri e delle misure stabilite dagli uomini stessi, senza avere la minima capacità divina di conoscere l’intelligenza della misericordia e la sapienza del perdono. Nell’istante in cui decidiamo di giudicare, e lo facciamo con metri e misure da noi decisi, nello stesso istante decidiamo che quei metri e quelle misure vengano un giorno usati per giudicare la nostra vita e la nostra persona.
Giudicare è un’azione profondamente pericolosa e molto stupida. Giudicare non porta a nessun vantaggio, genera la separazione e ci predispone a sicura condanna.