Questa sezione presenta quotidianamente il Vangelo del Giorno accompagnato da una riflessione, insieme all'antifona e al Salmo corrispondente, che in alcuni particolari periodi dell’anno liturgico potranno essere musicati e cantati. Ogni giorno potrai vivere la Parola, leggerne il commento e scaricare tutto in formato PDF dalla sezione sinistra del sito.

Lunedì 8 Giugno 2020

10a settimana del Tempo Ordinario

Parola del giorno
Primo libro dei Re 17,1-6; Salmo 120,1-8; Vangelo di Matteo 5,1-12a

Il mio aiuto viene dal Signore

Salmo 120,1-8

Il mio aiuto viene dal Signore.

1 Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l’aiuto?
2 Il mio aiuto viene dal Signore:
egli ha fatto cielo e terra.

3 Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.
4 Non si addormenterà, non prenderà sonno

il custode d’Israele.

5 Il Signore è il tuo custode,
il Signore è la tua ombra
e sta alla tua destra.
6 Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte.

7 Il Signore ti custodirà da ogni male:
egli custodirà la tua vita.
8 Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri,
da ora e per sempre.

Vangelo di Matteo 5,1-12a

In quel tempo, 1 vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2 Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
3 «Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.

4 Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.

5 Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.

6 Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.

7 Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.

8 Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.

9 Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.

10 Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.

11 Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12 Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

Le procedure

Le Beatitudini sono il cuore del messaggio evangelico, sono i comandamenti di coloro che desiderano seguire e amare Gesù, sono le procedure che coloro che desiderano essere felici non possono fare a meno di seguire. L’umanità non conoscerà mai la felicità, la pace, la salute, il benessere, la prosperità, la vera ricchezza, se non conoscerà e non praticherà le Beatitudini. Desiderare di essere felici e vivere in pace in questa vita, su questa terra, senza conoscere e realizzare le Beatitudini di Gesù, sarebbe sciocco e inutile come voler attraversare l’oceano con una barca a vela senza saper assolutamente nulla di navigazione e dell’andare per mare. Le Beatitudini sono le procedure della felicità e della gioia piena. Nella loro formulazione testuale tutte le Beatitudini sono scandite e introdotte dal suono e dal significato della parola makàrios, “felice, beato”, termine che intona sulla gioia e sulla beatitudine ogni affermazione, e vengono alla fine racchiuse, come tra due luminosissime ali, con chàirete e agalliàsthe, “rallegratevi ed esultate”.  
Makàrios, “beato”, è un termine che nasce nelle antiche letterature greche: la makarìa era la felicità propria degli dei, rappresentati al di sopra di ogni preoccupazione umana – lavoro, pene, fatiche, la morte stessa –, e solo in casi specialissimi di esseri umani. Gli uomini infatti, quando descrivevano la loro personale felicità, usavano un altro termine, òlbia. Etimologicamente makàrios deriva dalla radice mak – connessa con màkros, “lungo”, e mègas, “ampio” – e dal sostantivo chàris, “favore, dono, cura amorevole”, a sua volta connesso alla base accadica magaru, “accordare favori”. Quindi makàrioi significa “felici, fortunati, favoriti perché curati con le cure di Dio”.
L’uomo biblico può essere beato/felice secondo un’unica modalità espressiva: l’ebraico ashrè è il solo termine utilizzato e ricorre 45 volte nel Testo Masoretico, indicando sia lo stato interiore di chi vive nell’integrità, perché si fa guidare dai comandamenti di Dio, non li trasgredisce e con lui non si adira, sia lo stato di colui che cerca un rapporto intimo e amante con la Sapienza, che è alla base di ogni giustizia divina rivelata nella Torah. Moltissime Beatitudini sono presenti nel libro dei Salmi, e quando esse non si riferiscono a una condizione, a una situazione contingente, ma a un augurio per una situazione futura, hanno il valore di benedizione. Nel Salmo 128 è addirittura spiegata la differenza tra beatitudine e benedizione: la prima è una conseguenza della seconda. Nella Settanta – la traduzione in lingua greca dell’Antico Testamento – la parola makàrios compare 68 volte e indica felicità, beatitudine piena e insuperabile, indica uno stato di shalòm, di integrità. Nel vangelo, “beati” appare 50 volte. L’etimologia di ashrè – plurale costrutto di èsher, “beatitudini”, cioè pienezza totale di benessere – è molto significativa in quanto indica “in movimento, in cammino, in avanti, muoversi, alzarsi” – radice ’shr, “camminare” –, per cui felicità, beatitudine, movimento si identificano e sostengono. In Giovanni 13,14-17 la beatitudine consiste nella lavanda dei piedi: Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio, affinché come io ho fatto a voi, anche voi facciate. Amen amen vi dico: non c’è servo più grande del suo padrone, né un inviato più grande di chi lo ha inviato. Se capite queste cose, siete beati se le fate.
Chàirete e agalliàsthe – nella forma imperativa che designa la necessità, quasi il dovere imprescindibile di vivere tali stati d’animo – esprimono due accezioni di gioia complementari. La radice di chàirein è char, con valore appunto di “desiderare, amare, aver piacere”, vocabolo che nel Nuovo Testamento compare 75 volte. Agalliào/agàllomai invece significa “sono pieno di gioia, sono felice, esulto, giubilo, mi rallegro”, ma anche “godo di, mi atteggio a sovrano, a principe”, etimologicamente formato dall’unione di àgan, “molto”, con il verbo àllestai, “saltare”. Questo verbo esprime una fierezza lieta, una gioia così piena e nobile che costringe la persona che la vive a saltare, per non esplodere dalla carica emozionale. Nel Nuovo Testamento è attestato 8 volte in forma medio-passiva e 2 in quella attiva.
Straordinario immaginare, anche solo per un istante, come la parola di Gesù stia qui affermando che vivere le Beatitudini garantisce all’uomo una gioia tale, così piena e potente da costringere letteralmente a saltare di gioia, per non esplodere per l’emozione.
Il vangelo è il lieto annuncio, è il libro della gioia e, se non riesce a farci saltare di gioia nella vita, significa sicuramente che lo stiamo leggendo al rovescio. Se, persino nella fatica e nei giorni oscuri della persecuzione, Gesù prevede in modo imperativo, per chi crede in lui, gioia ed esultanza piene e totali, di quale gioia dovrebbe essere piena la nostra vita, la vita che scende dalle mani di Dio fino alle nostre mani, in quest’istante presente? Per il vangelo, per Gesù, essere nella gioia, essere felici, usando un’immagine forte, è un dovere, l’unico vero, reale dovere della vita.
Non c’è dubbio, Gesù parla della beatitudine, della gioia, dell’esultanza come lo stato connaturale dell’uomo, come la sostanza stessa di cui è composto il suo essere. Da come Gesù propone le Beatitudini all’umanità, è evidente che non le considera affatto una proposta, un suggerimento, un consiglio, un’indicazione, una linea guida per essa, ma come l’essenza stessa della vita. Nelle Beatitudini Gesù afferma ciò che è, rivela ciò che è già stato stabilito, mostra come è già stato deciso che tutto debba funzionare, svela come ogni cosa è già stata determinata e definita nella sua essenza.
Dal modo in cui Gesù rivela le Beatitudini all’umanità, si intuisce chiaramente che lui, in questo momento, non sta solo elencando, enumerando delle verità, ma sta rivelando ciò che sta radiosamente contemplando nel suo cuore e nel suo sguardo interiore. Lo sguardo interiore di Gesù, il cuore stesso di Gesù è costantemente fisso sulle Beatitudini, perché le Beatitudini sono il modo in cui Dio ama, sono parte del cuore di Dio, sono il modo in cui l’amore di Dio si realizza. Gesù stesso, quando si definisce, lo fa con le parole delle Beatitudini, dice infatti: imparate da me che sono mite e umile di cuore (Matteo 11,29).
Quel giorno in cui, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli e si mise a rivelare le Beatitudini, egli diede voce e suono a ciò che il suo cuore e il suo sguardo interiore stavano contemplando nella pace e nell’amore del Padre.
Nelle Beatitudini Gesù rivela che la potenza di Dio tutto crea, stabilisce, progetta, sostiene nella gioia e per la gioia. Rivela che in Dio nulla è senza gioia, che dove c’è Dio c’è gioia e dove c’è gioia c’è Dio.
Euangèlion, vangelo, significa felice annuncio, messaggio di gioia, senz’altro perché contiene le procedure che possono donare la gioia dell’uomo, e per questo è stato rivelato e annunciato all’umanità, ma si chiama così anche perché la gioia è la sua stessa essenza e le Beatitudini ne sono il suo cuore pulsante.