Questa sezione presenta quotidianamente il Vangelo del Giorno accompagnato da una riflessione, insieme all'antifona e al Salmo corrispondente, che in alcuni particolari periodi dell’anno liturgico potranno essere musicati e cantati. Ogni giorno potrai vivere la Parola, leggerne il commento e scaricare tutto in formato PDF dalla sezione sinistra del sito.

Venerdì 29 Maggio 2020

7a settimana di Pasqua

Parola del giorno
Atti degli Apostoli 25,13-21; Salmo 102,1-2.11-12.19-20b; Vangelo di Giovanni 21,15-19

Salmo 102,1-2.11-12.19-20b

Il Signore ha posto il suo trono nei cieli.
Oppure: Alleluia, alleluia, alleluia.

1 Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
2 Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

11 Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono;
12 quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.

19 Il Signore ha posto il suo trono nei cieli
e il suo regno domina l’universo.
20 Benedite il Signore, angeli suoi,
potenti esecutori dei suoi comandi.

Vangelo di Giovanni 21,15-19

In quel tempo, quando si fu manifestato ai discepoli ed essi 15 ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?» Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». 16 Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?» Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». 17 Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?» Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: “Mi vuoi bene?”, e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. 18 In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». 19 Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».

Mi ami?

I tre verbi che nei vangeli esprimono l’azione di “amare” sono: epithyméo, philéo e agapáo.
Epithyméo (Matteo 5,28), “bramo, desidero, amo appassionatamente, sono invaghito”, non differisce semanticamente dal greco eráo, il verbo che indica l’amare attraverso il desiderio, la passione, spinti dal desiderio e dalla seduzione del piacere. Philéo, “sono amico, affezionato; voglio  bene, tratto con affetto, accolgo amichevolmente un ospite, mi prendo cura dell’altro”, è il verbo dedicato all’affetto amicale, indica un rapporto interpersonale fondato sull’uguaglianza, sull’affinità all’interno di una comunità, di una città, di una razza. Infatti, come aggettivo, philós significa “caro” e veniva usato nella relazione fra genitori e figli o tra fratelli. È il verbo della tenerezza, della familiarità. Agapáo, infine, indica la totale predilezione, l’amore gratuito senza aspettative né pretese, frutto di libera scelta, un modo di essere, di vivere. Il verbo agapào, con cui si esprime l’amore vicendevole tra uomo e donna, indica soprattutto il rapporto intimo e profondo con Dio, è un tipo di amore che parte dall’alto e all’alto si rivolge. Pervade tutto il capitolo 17 di Giovanni: E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro; è il verbo fondante della procedura dell’amore: Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi (Giovanni 15,9); amatevi gli uni gli altri (Giovanni 15,17).
Proprio nel vangelo di oggi, nella domanda che Gesù risorto rivolge a Pietro, risulta particolarmente chiara la differenza tra philèo e agapào – differenza in realtà ignota ai Greci dell’epoca classica. Per ben 3 volte Gesù chiede: Mi ami tu? In realtà la prima e la seconda domanda recano il verbo agapáo, la terza domanda usa il verbo philèo.
Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami [greco: agapào] più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene [greco: philèo]». Gli disse: «Pasci i miei agnelli».Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami [greco: agapào]?» Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene [greco: philèo]». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene [greco: philèo]La terza volta Gesù usa il verbo philèo perché, prima della Pentecoste, prima della discesa dello Spirito Paraclito, ogni relazione-legame d’amore che vivevano gli apostoli era ancora secondo rapporti di sangue, secondo affinità di gruppo o di famiglia, secondo cioè la connotazione espressa dal verbo philèo. Soltanto dopo la Pentecoste, un po’ alla volta, gli apostoli potranno aprirsi al valore universale dell’agàpe.
Mi ami? Ti chiede Gesù, e in verità non ti chiede nient’altro, non ti chiede più nient’altro. Te lo chiede prima di tutto, te lo chiede alla fine di tutto e al di sopra di tutto. Mi ami? Te lo chiede appena lo incontri e anche quando scappi arrabbiato, quando piangi da solo e quando implori perdono e pace. Mi ami? Te lo chiede quando ti senti al sicuro nei tuoi compromessi, o tradito da tutti, deluso dalle tue illusioni. Mi ami? Te lo ha chiesto Gesù la prima volta che l’hai incontrato e poi quando hai deciso di seguirlo e annunciarlo. Te lo chiede in ogni istante di solitudine e paura, a ogni caduta e infedeltà, a ogni passo sereno e disteso, a ogni pienezza di gioia e pace. Esauriti i nostri affetti terreni, spezzate le catene degli addestramenti, pacificate le rivolte interiori, sciolte in perdono le ferite ricevute e inferte, smesse le sfide e svuotate le ambizioni, terminato questo respiro terreno, mentre attraverseremo il ponte verso la vita senza fine, Lui si farà al nostro fianco e ci chiederà dolcissimamente, al presente, sempre eternamente al presente: Mi ami tu?