Questa sezione presenta quotidianamente il Vangelo del Giorno accompagnato da una riflessione, insieme all'antifona e al Salmo corrispondente, che in alcuni particolari periodi dell’anno liturgico potranno essere musicati e cantati. Ogni giorno potrai vivere la Parola, leggerne il commento e scaricare tutto in formato PDF dalla sezione sinistra del sito.

Lunedì 4 Maggio 2020

4a settimana di Pasqua – Anno A

Parola del giorno
Atti degli Apostoli 11,1-18; Salmo 41,2-3; 42,3-4; Vangelo di Giovanni 10,11-18

Salmo 41,2-3; 42,3-4

L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente.
Oppure: Alleluia, alleluia, alleluia.

2 Come la cerva anela ai corsi d’acqua,
così l’anima mia anela a te, o Dio.
3 L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente:
quando verrò e vedrò il volto di Dio?

42,3 Manda la tua luce e la tua verità:
siano esse a guidarmi,
mi conducano alla tua santa montagna,
alla tua dimora.

4 Verrò all’altare di Dio,
a Dio, mia gioiosa esultanza.
A te canterò sulla cetra,
Dio, Dio mio.

Vangelo di Giovanni 10,11-18

In quel tempo Gesù disse: 11 «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12 Il mercenario - che non è pastore e al quale le pecore non appartengono - vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13 perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
14
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15 così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16 E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
17
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18 Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

Fondamenta

Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Letteralmente: Io sono il pastore quello buono-bello [in greco kalòs]. Il pastore il buono-bello la sua vita pone [in greco è usato il verbo tìthemi] per le sue pecore. Porre la vita, dice il vangelo, che non è propriamente dare, come si traduce solitamente. Il verbo tìthemi possiede una molteplicità variegata di significati: “colloco, stabilisco, consacro, offro, faccio, do, pongo giù; pago; metto al sicuro, deposito; dispongo, stabilisco, indico, rendo”. Il sostantivo thèma è “ciò che è stato posto”, richiama l’indoeuropeo dadhami, “pongo”, da cui il latino cònditus, “fondato, saldamente basato; il fondamento, le fondamenta”. Le fondamenta sono le parti profonde di una struttura, sulle quali si costruisce una casa, sono il luogo dove essa si poggia, sono il destino di un edificio, la sua durata, la sua forza, la sua robustezza, il punto di partenza e insieme il punto di arrivo. Le fondamenta sono la parte fondamentale della casa, ma anche quella che non si vede. L’etiopico-egizio wdj, da cui tìthemi deriva, vuol dire “gettare”; esso trova corrispondenza nell’ebraico ya’ad, “stabilire, porre, fissare”,  nell’accadico nadu, “stabilire”, e nell’assiro nada’um, “porre”.
Gesù non afferma solo di dare la vita, di offrire la vita per il suo popolo, ma di porla, di destinarla, di stabilirla a fondamento stesso della vita delle pecore. Non si tratta solo di offrire la vita per uno scopo, ma di offrirsi stabilmente, destinarsi totalmente e completamente a quello scopo. Solamente questo concetto, questa verità, che esce dalla bocca di Gesù, dovrebbe estinguere per sempre, completamente e all’istante, dal cuore dei figli di Dio la paura, ogni paura, tutta la paura. Gesù si è destinato, si è auto-posto a fondamenta stesse della nostra vita: chi o quale cosa potremmo mai temere?