Questa sezione presenta quotidianamente il Vangelo del Giorno accompagnato da una riflessione, insieme all'antifona e al Salmo corrispondente, che in alcuni particolari periodi dell’anno liturgico potranno essere musicati e cantati. Ogni giorno potrai vivere la Parola, leggerne il commento e scaricare tutto in formato PDF dalla sezione sinistra del sito.

Mercoledì 11 Marzo 2020

2a settimana di Quaresima

Parola del giorno
Geremìa 18,18-20; Salmo 30,5-6.14-16; Vangelo di Matteo 20,17-28

Salmo 30,5-6.14-16

Salvami, Signore, per la tua misericordia.

5 Scioglimi dal laccio che mi hanno teso,
perché sei tu la mia difesa.
6
Alle tue mani affido il mio spirito;
tu mi hai riscattato, Signore, Dio fedele.

14 Ascolto la calunnia di molti: «Terrore all’intorno!»,
quando insieme contro di me congiurano,
tramano per togliermi la vita.

15 Ma io confido in te, Signore;
dico: «Tu sei il mio Dio,
16
i miei giorni sono nelle tue mani».
Liberami dalla mano dei miei nemici
e dai miei persecutori.

Vangelo di Matteo 20,17-28

In quel tempo, 17 mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i dodici discepoli e lungo il cammino disse loro: 18 «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte 19 e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà».
20
Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. 21 Egli le disse: «Che cosa vuoi?» Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». 22 Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?» Gli dicono: «Lo possiamo» 23 Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».
24
Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. 25 Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dòminano su di esse e i capi le opprimono. 26 Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore 27 e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. 28 Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Processo

I dodici discepoli di Gesù non aspettano nemmeno la morte di Gesù per azzannarsi per l’eredità spirituale e politica del maestro e, come se non bastassero la vanità e l’ambizione dei dodici, per creare divisione e scompiglio ci si mette di mezzo pure l’avidità delle madri e dei familiari. Avidità e competizione, sete di potere e gloria umana non abbandoneranno mai il gruppo dei dodici, nemmeno nella futura discendenza apostolica. Fin dai suoi primi giorni di vita, profonde divisioni ideologiche, laceranti separazioni teologiche, pesanti contrasti morali, radicate scissioni politiche, hanno accompagnato e segnato il cammino della chiesa. Gesù conosce perfettamente come funzionano il cuore e la mente dell’uomo e come siano tra loro collegati non soltanto da tessuti e nervi, ma anche dallo spirito e dal dialogo interiore. Gesù sa che noi non vediamo mai le cose per quello che esse sono ma per come noi siamo. Noi non vediamo, non percepiamo, non comprendiamo né pensiamo la realtà per com’è realmente, ma a seconda di come noi siamo e come stiamo dentro, a seconda del nostro stato mentale ed emotivo.
Pur conoscendo questo meccanismo mentale, che disconnette completamente l’uomo dalla realtà, Gesù ha affidato la chiesa proprio a questi uomini e a queste donne che, per come stanno interiormente, sono terribilmente assetati di prestigio, culto dell’immagine, successo, plauso, pigrizia, potere e ricchezza. Gesù ha chiesto ai suoi discepoli di partire comunque per l’avventura della chiesa. Perché?
Perché Gesù desiderava che proprio in questo processo, in questa millenaria avventura individuale e comunitaria della chiesa, sotto la potenza e la luce dello Spirito Paraclito, gli ambiziosi e i vanitosi figli di Dio avessero piano piano, ma inesorabilmente, l’occasione di cambiare dentro, di guarire dentro per essere a servizio del mondo con tutto il cuore. Se Gesù avesse dovuto affidare la chiesa a uomini e donne strutturati, maturi, moralmente ineccepibili, guariti interiormente da ogni ferita psicologica ed emotività distorta, sciolti da ogni ambizione, vanità, gelosia avrebbe dovuto affidare la sua chiesa agli angeli, non a noi. Se i neonati dovessero nascere da genitori perfetti e competenti, quando e da chi dovrebbero nascere? Se due amanti dovessero scegliersi e vivere insieme solo quando tutto, loro compresi, è nella perfezione, chi potrebbe amare qualcun altro e soprattutto quando? Se tutti i cuccioli animali della terra dovessero nascere solo se fossero già in grado di affrontare tutto perfettamente e le condizioni ambientali fossero sempre perfette, chi potrebbe nascere?
Gesù non affida la chiesa a dei figli perfetti, ma affida all’imperfetta chiesa, alla storia malsana della chiesa, di perfezionare lentamente tra le braccia del Paraclito i suoi figli fino all’amore senza ambizione, alla compassione senza vanità, al servizio senza sete di successo. Gesù con questa visione delle cose non giustifica né scusa il male provocato dall’ambizione umana, ma lo distende entro un processo di liberazione e di salvezza per tutti. A noi non è chiaro, ma a Gesù è chiarissimo che noi non vediamo mai le cose come sono ma le vediamo per come siamo e dunque tutto il processo di evoluzione è riuscire a cambiare questo come siamo secondo le procedure del vangelo e la luce dello Spirito. Questo è un processo lento, lentissimo a volte, ma inesorabile, ed è il senso stesso della vita. Questo meraviglioso processo di cambiamento, offerto a tutti dalla dolcissima misericordia di Dio, è rallentato certo dai peccati dell’uomo, dalle sue ambizioni e vanità, ma è interrotto bruscamente e devastato dai processi di giudizio e di condanna che, in questo percorso di salvezza, gli uomini celebrano gli uni contro gli altri, invece che celebrare la misericordia di Dio.