Se vuoi stare dietro a Gesù, se desideri rimanere nella sua direzione, devi fare una cosa, una cosa fondamentale, forse l’unica veramente da fare. Devi aparnèesthai “misconoscere”, seautòn, “te stesso”. Devi rinnegare, rigettare, rifiutare, respingere non il te stesso, la tua persona, il tuo essere, l’atto creativo di Dio, questo non avrebbe alcun senso, ma la costruzione del tuo ego, la costruzione mentale del tuo io, la personalità finta ed esclusivamente mentale, costruita negli addestramenti e negli inganni di questo mondo, quella personalità che nulla ha a che fare con la tua vera essenza e identità spirituale. Per seguire Gesù, per stare dietro a lui, non c’è verso, bisogna misconoscere, anzi distruggere, rinnegare, disidratare, annullare, spegnere il nostro ego frutto di ferite, vanità, sfide e rivolte. Gesù stesso chiama questa costruzione mortale, psychè, e ci ricorda che chi desidera salvare la propria psychè, la propria struttura di pensiero, perderà la propria vita. Solo poi è possibile sollevare, alzare, prendere, assumere, addossarsi il proprio stauròs, letteralmente, “palo”, simbolicamente, “croce”. Nel testo evangelico per croce non si intendono mai nel modo più assoluto le sfortune della vita, le malattie, gli imprevisti dolorosi, gli incidenti della vita che portano sofferenza, ma il peso dell’addestramento, l’inevitabile palo pieno di ferite e storture ben conficcato in ciascuno di noi dall’addestramento, dall’inganno e dall’ignoranza generata dal pedaggio storico dell’appartenere a questa dimensione terrestre. Le nostre croci, i nostri pali piantati sono le nostre ferite interiori ricevute da altri uomini e donne a loro volta feriti, i nostri limiti dovuti alle nostre antiche sfide e rivolte, sono le nostre gelosie profonde, le invidie mai risolte, l’orgoglio che non vuol morire, la vanità che non vuol tacere. Gesù ci chiede di accettare in pace le croci, i pali delle nostre disarmonie, debolezze e limiti, piantati nella nostra anima e nel nostro cuore. Ci chiede di metterli nelle sue mani e nella sua misericordia non per assecondarli, ma per togliere loro potenza e veleno che altrimenti ci spazzerebbero via da lui e dalla vita. Gesù ci insegna ad affrontare e vincere le nostre debolezze prima di tutto accettandole, conoscendole, portandole sulle spalle con umiltà, attraverso il perdono chiesto a Dio e offerto ai fratelli, e mai con rassegnazione e disprezzo.