Questa sezione presenta quotidianamente il Vangelo del Giorno accompagnato da una riflessione, insieme all'antifona e al Salmo corrispondente, che in alcuni particolari periodi dell’anno liturgico potranno essere musicati e cantati. Ogni giorno potrai vivere la Parola, leggerne il commento e scaricare tutto in formato PDF dalla sezione sinistra del sito.

Lunedì 6 Gennaio 2020

Epifania del Signore

Parola del giorno
Isaìa 60,1-6; Salmo 71,1-2.7-8.10-13; Lettera agli Efesìni 3,2-3a.5-6; Vangelo di Matteo 2,1-12

Ti adoreranno Signore

Salmo 71,1-2.7-8.10-13

Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra.

1 O Dio, affida al re il tuo diritto,
al figlio di re la tua giustizia;
2
egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia
e i tuoi poveri secondo il diritto.

7 Nei suoi giorni fiorisca il giusto
e abbondi la pace,
finché non si spenga la luna.
8
E dòmini da mare a mare,
dal fiume sino ai confini della terra.

10 I re di Tarsis e delle isole portino tributi,
i re di Saba e di Seba offrano doni.
11
Tutti i re si prostrino a lui,
lo servano tutte le genti.

12 Perché egli libererà il misero che invoca
e il povero che non trova aiuto.
13
Abbia pietà del debole e del misero
e salvi la vita dei miseri.

Vangelo di Matteo 2,1-12

1 Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme 2 e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». 3 All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4 Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. 5 Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: 6 “E tu, Betlemme,terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
7
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella 8 e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
9
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10 Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. 11 Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. 12 Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

Gioisco di gioia

Provarono una gioia grandissima, letteralmente, “si rallegrarono di gioia grande fortemente”. Questo versetto nel testo greco suona così: chàiro charàn megàlen sfòdra, “mi rallegro, gioisco, sono onorato di gioia grande fortemente”. Il sostantivo charàn è l’oggetto interno di chairo e indica “gioia, allegrezza” per cui si potrebbe anche tradurre: “gioisco di gioia, mi onoro di onore, mi rallegro di allegria”; chairo, il verbo, esprime onore, ossequio regale, adorazione, sentimento di pace, piacere, soddisfazione massima e contentezza perfetta.
Davanti a quel bambino adagiato tra le braccia di Maria, i Magi si prostrano in adorazione perché quel bambino è Dio, lo riconoscono come Dio. Un gesto carico di onore e devozione, rispetto e sacro timore. Questo stesso gesto si è ripetuto infinitamente, pur in modalità diverse, lungo tutta la storia dell’uomo, davanti a quello che di volta in volta si riteneva la divinità, vera o presunta che fosse. Da sempre gli uomini si prostrano davanti a quello che ritengono la divinità. Niente di nuovo.
No, qui c’è tutto di nuovo. In questa scena è raccontato qualcosa che mai era successo. L’umanità si è sempre prostrata davanti a quello che riteneva fosse la divinità, si è sempre prostrata con timore, con riverenza, con devozione, con sacro zelo, per insinuata paura, per inveterato terrore, per senso del dovere, per senso di colpa, per paura di ritorsioni, per pietà, per evoluzione spirituale, per implorare aiuto, soccorso, vittoria, guarigione, protezione. Ma mai e poi mai era successo che l’adorazione, la prostrazione alla divinità, coincidesse come per i Magi alla gioia, gioia sconfinata, senza paura, senza terrore, senza sensi di colpa e paure.
Qui tutto è cambiato e per sempre. I Magi si prostrano davanti al bambino Gesù-Dio e per la prima volta non provano paura, ma solo gioia. Anzi il testo greco sottolinea e dice: gioirono di gioia grande fortemente. Perché? Perché i Magi percepiscono che quel bambino non solo è Dio, proprio Dio, ma è anche e infinitamente il Dio della pace e della compassione, della grazia e della bellezza, dell’amore senza fine. Quel bimbo è l’Onnipotente per la sua onnipotente misericordia e pacificante presenza amorosa. È l’Agnello dolcissimo di Dio. Come non si può gioire dunque con tutte le forze, per sempre prostrati amorosamente davanti a Lui?