Provarono una gioia grandissima, letteralmente, “si rallegrarono di gioia grande fortemente”. Questo versetto nel testo greco suona così: chàiro charàn megàlen sfòdra, “mi rallegro, gioisco, sono onorato di gioia grande fortemente”. Il sostantivo charàn è l’oggetto interno di chairo e indica “gioia, allegrezza” per cui si potrebbe anche tradurre: “gioisco di gioia, mi onoro di onore, mi rallegro di allegria”; chairo, il verbo, esprime onore, ossequio regale, adorazione, sentimento di pace, piacere, soddisfazione massima e contentezza perfetta.
Davanti a quel bambino adagiato tra le braccia di Maria, i Magi si prostrano in adorazione perché quel bambino è Dio, lo riconoscono come Dio. Un gesto carico di onore e devozione, rispetto e sacro timore. Questo stesso gesto si è ripetuto infinitamente, pur in modalità diverse, lungo tutta la storia dell’uomo, davanti a quello che di volta in volta si riteneva la divinità, vera o presunta che fosse. Da sempre gli uomini si prostrano davanti a quello che ritengono la divinità. Niente di nuovo.
No, qui c’è tutto di nuovo. In questa scena è raccontato qualcosa che mai era successo. L’umanità si è sempre prostrata davanti a quello che riteneva fosse la divinità, si è sempre prostrata con timore, con riverenza, con devozione, con sacro zelo, per insinuata paura, per inveterato terrore, per senso del dovere, per senso di colpa, per paura di ritorsioni, per pietà, per evoluzione spirituale, per implorare aiuto, soccorso, vittoria, guarigione, protezione. Ma mai e poi mai era successo che l’adorazione, la prostrazione alla divinità, coincidesse come per i Magi alla gioia, gioia sconfinata, senza paura, senza terrore, senza sensi di colpa e paure.
Qui tutto è cambiato e per sempre. I Magi si prostrano davanti al bambino Gesù-Dio e per la prima volta non provano paura, ma solo gioia. Anzi il testo greco sottolinea e dice: gioirono di gioia grande fortemente. Perché? Perché i Magi percepiscono che quel bambino non solo è Dio, proprio Dio, ma è anche e infinitamente il Dio della pace e della compassione, della grazia e della bellezza, dell’amore senza fine. Quel bimbo è l’Onnipotente per la sua onnipotente misericordia e pacificante presenza amorosa. È l’Agnello dolcissimo di Dio. Come non si può gioire dunque con tutte le forze, per sempre prostrati amorosamente davanti a Lui?