Questa sezione presenta quotidianamente il Vangelo del Giorno accompagnato da una riflessione, insieme all'antifona e al Salmo corrispondente, che in alcuni particolari periodi dell’anno liturgico potranno essere musicati e cantati. Ogni giorno potrai vivere la Parola, leggerne il commento e scaricare tutto in formato PDF dalla sezione sinistra del sito.

Mercoledì 13 Novembre 2019

32a settimana del Tempo Ordinario

Parola del giorno
Sapienza 6,1-11; Salmo 81,3-4.6-7; Vangelo di Luca 17,11-19

Salmo 81,3-4.6-7

Àlzati, o Dio, a giudicare la terra.

3 Difendete il debole e l’orfano,
al povero e al misero fate giustizia!
4
Salvate il debole e l’indigente,
liberatelo dalla mano dei malvagi!

6 Io ho detto: «Voi siete dèi,
siete tutti figli dell’Altissimo,
7
ma certo morirete come ogni uomo,
cadrete come tutti i potenti».

Vangelo di Luca 17,11-19

11 Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.
12
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza 13 e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!» 14 Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
15
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, 16 e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
17
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? 18 Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?» 19 E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!»

Grazie a chi?

Dieci lebbrosi vanno incontro a Gesù. Dieci lebbrosi sono una piccola comunità e come tale non possono vivere certo in mezzo a tutti ma, come prescrive la legge, solo confinati nelle caverne o in villaggi prigione, da cui non possono assolutamente uscire. Tutti e dieci sanno che Gesù può guarirli, Gesù ha già guarito dei lebbrosi e così, pur rischiando la vita, escono dal loro recinto e vanno incontro a Gesù Maestro, e con questo titolo tutti e dieci lo invocano, quando gridano a lui per attirare la sua attenzione. Tutti e dieci sanno che devono alzare la voce, anzi, che devono gridare affinché la loro supplica arrivi alle orecchie di Gesù e dei discepoli che circondano Gesù, infatti si sono dovuti fermare a distanza per paura di essere linciati dalla gente. Tutti e dieci i lebbrosi rischiano, escono dal recinto, e implorano pietà e guarigione. Gesù dice loro di andare a presentarsi ai sacerdoti della comunità, e, durante il tragitto, tutti si ritrovano completamente guariti dalla loro malattia. Uno solo torna per ringraziare Gesù, uno straniero, un reietto sociale. Perché uno solo? Perché uno solo dei lebbrosi, quel samaritano, sapeva ringraziare la vita e Dio anche prima della guarigione, anche quando era ammalato, durante la sua vita da lebbroso. Dieci sono stati guariti da Gesù dalla lebbra, ma uno solo ha usato questa guarigione del corpo per crescere nella guarigione interiore.
L’uomo che sa ringraziare non ringrazia quando le cose vanno bene, ringrazia sempre, perché ringraziare significa dire sì alla vita e al presente, a ciò che accade nella vita. L’uomo che ringrazia per le cose belle e quando le cose della vita vanno bene, ma non ringrazia sempre, in realtà non ha ancora imparato a utilizzare la potenza straordinaria del grazie, dell’essere grato. Dire grazie e ringraziare sempre è il modo più efficace per utilizzare la propria intelligenza, per comprendere la vita e il suo funzionamento secondo l’ordine delle leggi dominanti dell’esistenza. I nove lebbrosi guariti da Gesù che non tornano a ringraziare non sono in grado di ringraziare per la loro guarigione perché non sono mai stati realmente in grado di ringraziare per nulla nella loro vita e, dunque, non sono incamminati verso alcuna evoluzione intellettuale e spirituale. Chi non ringrazia sempre e per tutto vive tutta la vita in uno stato psichico-intellettuale di tormento, perché, dissociato dalla realtà, e incapace di interagire in modo corretto con se stesso, con gli altri, con la vita, con Dio. L’uomo che nella sua vita si è abituato a dire il no spirituale sempre a tutto e a tutti, l’uomo che preferisce affrontare gli eventi con il no piuttosto che con il sì, è un uomo che non vuole ringraziare. L’uomo che non vuole ringraziare, con il tempo non riesce più a ringraziare, non ne è più capace, non sa più come si fa, perché ha ridotto a nulla l’utilizzo delle proprie capacità intellettuali. L’uomo che non è più in grado di ringraziare con il tempo non è più in grado di comprendere, di capire, di usare armoniosamente e con vantaggio le proprie facoltà intellettuali. Non è la comprensione e la conoscenza che conducono al ringraziamento ma è predisporsi immancabilmente a ringraziare che apre alla comprensione e alla conoscenza. L’uomo grato è pronto ad aprirsi alla conoscenza per comprendere il funzionamento della vita e della realtà. L’uomo grato diventa immancabilmente amico della sapienza. Naturalmente più l’uomo grato si apre alla conoscenza più è grato, e più è grato più si apre alla conoscenza. Questo è il processo dell’evoluzione dell’uomo.
È stolto pensare che un uomo triste non voglia ringraziare la vita proprio perché è triste, è esattamente il contrario. Quell’uomo è triste perché non sa come ringraziare, quanto ringraziare, chi ringraziare. È stolto pensare che un uomo ammalato non sia capace di ringraziare la vita proprio perché è ammalato, è esattamente il contrario. Quell’uomo è ammalato proprio perché non sa come ringraziare, quanto ringraziare, chi ringraziare. È stolto pensare che popoli interi non abbiano più alcun desiderio di ringraziare la vita e l’esistenza perché vivono miseria, indigenza, sottomissione, paura, è il contrario. Quei popoli sono nella miseria, nell’indigenza, nella sottomissione, nella paura proprio perché da generazioni e generazioni non sanno più celebrare la vita, non sanno ringraziare per tutto e ogni cosa e non sanno chi ringraziare.

VIVERE PER RINGRAZIARE
RINGRAZIARE PER VIVERE