Questa sezione presenta quotidianamente il Vangelo del Giorno accompagnato da una riflessione, insieme all'antifona e al Salmo corrispondente, che in alcuni particolari periodi dell’anno liturgico potranno essere musicati e cantati. Ogni giorno potrai vivere la Parola, leggerne il commento e scaricare tutto in formato PDF dalla sezione sinistra del sito.

Venerdì 13 Settembre 2019

23a settimana del Tempo Ordinario

Parola del giorno
Prima lettera a Timòteo 1,1-2.12-14; Salmo 15,1-2a.5.7-8.11; Vangelo di Luca 6,39-42

Salmo 15,1-2a.5.7-8.11

Tu sei, Signore, mia parte di eredità.
Oppure: Signore, solo in te è il mio bene.

1 Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
2 Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu».
5 Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita.

7 Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio animo mi istruisce.
8 Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare.

11 Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.

Vangelo di Luca 6,39-42

In quel tempo, Gesù 39 disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? 40 Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.
41 Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? 42 Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».

Doppio cieco

Perché un cieco, un cieco nell’intelletto e nello spirito, non può guidare un altro cieco nell’intelletto e nello spirito? Perché il soccorso reciproco, in questo caso, non serve ad aumentare la conoscenza, non può nulla per far crescere la consapevolezza e, dunque, non può impedire a due ciechi di cadere nella fossa, nella fossa dell’ignoranza. L’ignoranza, come la consapevolezza, quando è condivisa, non si annulla, si moltiplica.
Ci sono due tipologie di ciechi nell’intelletto e nello spirito. Ci sono i ciechi nell’intelletto e nello spirito per scelta volontaria, perché mossi interiormente dall’ipocrisia, dalla vanità, dalla sete di potere e di dominio. Sono i ciechi arroganti e presuntuosi, i ciechi della peggior specie, i ciechi inguaribili, perché, convinti di vederci meglio di tutti gli altri, si propongono come guide illuminate dei popoli e fanno di tutto per mantenere l’umanità nella cecità intellettuale e spirituale più assoluta. Ci sono i ciechi nell’intelletto e nello spirito per inconsapevolezza, perché trascinati dall’inerzia degli addestramenti umani, perché affogati nell’inedia provocata dalla schiavitù cui sono stati iniziati fin da piccoli. Sono i ciechi che in qualche modo sono ancora disposti a essere guariti e illuminati.
Per una e per l’altra tipologia di ciechi è impossibile trovare soluzioni intelligenti ed efficaci per i problemi e le difficoltà della vita dell’uomo. Per una e per l’altra tipologia di ciechi è impossibile trovare quali siano le vie sicure del benessere e della felicità, vie in cui l’umanità possa pacificamente e serenamente incamminarsi.
Può un cieco guidare un altro cieco? No, cadranno entrambi in una fossa. Per i ciechi nell’intelletto e nello spirito ci vuole un maestro, il Maestro. Solo quando i ciechi nell’intelletto e nello spirito diventano discepoli del Maestro e della sua Parola, possono dissolvere la nebbia dell’ignoranza e della non conoscenza e trovare una via sicura dove incamminarsi per vivere felici e in pace. I ciechi nell’intelletto e nello spirito si riconoscono perché, in modo viscerale, amano scoprire gli errori degli altri per mettere gli altri sotto giudizio, e sono assolutamente ciechi per notare i propri errori.
Ma perché l’uomo cieco è un professionista a scoprire la pagliuzza che è nell’occhio del suo fratello e non si accorge della trave che è nel proprio occhio? Semplicemente perché, per migliorare se stessi, è necessario un atto di intelligenza e di consapevolezza, invece per giudicare gli altri basta una qualsiasi forma di insoddisfazione, decomposta in acida stupidità, che annulla ogni capacità di visione interiore. Come può un uomo dire a un suo prossimo: Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio, mentre lui stesso non vede la trave che è nel proprio occhio? Un uomo può fare questo perché, per verificare se stesso e desiderare di evolversi, è indispensabile un atto spirituale di amore per se stesso e di coraggio, è indispensabile uno sguardo spirituale elevato e di pregio, invece, per giudicare gli altri, per condannarli, calunniarli basta una forma qualsiasi di frustrazione compressa, che poi si trasforma in sete di vendetta e conflitto.
Quanto meno l’uomo utilizza la propria intelligenza per comprendere se stesso e la vita, tanto più utilizza la propria intelligenza per giudicare e condannare il prossimo. Quanto più grande è la cecità del cieco nell’intelletto e nello spirito, tale da non riuscire a vedere la trave che è nel proprio occhio, tanto più grande è il desiderio di dire al suo prossimo: fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio. Perché? Perché nel momento in cui esibisce e sfoggia una specie di trito, irrinunciabile, irrefrenabile desiderio di salvare il mondo, in realtà sta vomitando dal profondo il veleno prodotto dai suoi desideri di rivalsa, di ritorsione e vendetta, per compensare le ferite e le umiliazioni a lui inferte dai suoi simili. Come lo sguardo del cieco nell’intelletto e nello spirito è sempre uno sguardo inquisitorio, così lo sguardo inquisitorio è sempre prodotto da occhi ciechi nell’intelletto e nello spirito. Chi giudica il prossimo è cieco, chi è cieco giudica il prossimo.