Questa sezione presenta quotidianamente il Vangelo del Giorno accompagnato da una riflessione, insieme all'antifona e al Salmo corrispondente, che in alcuni particolari periodi dell’anno liturgico potranno essere musicati e cantati. Ogni giorno potrai vivere la Parola, leggerne il commento e scaricare tutto in formato PDF dalla sezione sinistra del sito.

Domenica 4 Agosto 2019

18a del Tempo Ordinario – Anno C

Parola del giorno
Qoèlet 1,2; 2,21-23; Salmo 89,3-6.12-14.17; Lettera ai Colossési 3,1-5.9-11; Vangelo di Luca 12,13-21

Salmo 89,3-6.12-14.17

Signore, tu sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.

3 Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo».
4
Mille anni, ai tuoi occhi,
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte.

5 Tu li sommergi:
sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia;
6
al mattino fiorisce e germoglia,
alla sera è falciata e secca.

12 Insegnaci a contare i nostri giorni
e acquisteremo un cuore saggio.
13
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi!

14 Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
17
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda.

Vangelo di Luca 12,13-21

In quel tempo, 13 uno della folla gli disse: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». 14 Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?»
15
E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
16
Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. 17 Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? 18 Farò così - disse -: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19 Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!” 20 Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?” 21 Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

L’avidità

L’ego è la finta personalità costruita dalla mente umana per sostituire il vero io divino creato da Dio e zittire la vera intelligenza e personalità dell’uomo. L’ego è un ologramma psicoemotivo che l’uomo ha innestato dentro di sé nell’istante in cui ha rifiutato Dio dentro di sé e ha rinnegato il vero se stesso per adattarsi al sistema dell’addestramento del mondo. L’ego è un ologramma psicoemotivo parassita perché non ha corpo, ma, attraverso il controllo del cervello, usa quello del suo ospite, l’uomo. L’ego non è collegato in alcun modo con la realtà ma crea in ogni istante una realtà virtuale e simulata che vive come fosse quella vera e reale.
Quando il corpo ha fame, sete, sonno, se riceve cibo, acqua e riposo in modo adeguato, a un certo punto non ha più fame, sete, sonno per qualche ora ed è il corpo stesso, attraverso tutti i sistemi neurologici e neurovegetativi, che dice basta al cibo, all’acqua e al sonno. Ma l’ego fino a quanto può mangiare, bere, dormire? L’ego non ha corpo, usa quello del suo ospite, perciò l’ego può mangiare ben oltre la fame, può bere ben oltre la sete, può dormire ben oltre il sonno, perché l’ego non ha corpo, non ha limiti fisici, equilibri, armonie, regole biologiche e biofisiche da rispettare.
L’uomo che usa la propria intelligenza non potrebbe mai permettere comportamenti, azioni, scelte individuali e collettive che possano inquinare l’acqua che deve assolutamente bere, l’aria che deve assolutamente respirare, il cibo che deve assolutamente mangiare. L’uomo che usa al posto della propria intelligenza il proprio ego può ritenere senza conseguenze, ininfluente per la propria vita e per quella dell’umanità, può considerare un suo diritto, espressione della sua libertà, un vantaggio, un segno del progresso inquinare e avvelenare l’aria che deve respirare, l’acqua che deve bere, il cibo che deve mangiare? Certo. L’ego non deve respirare aria, bere acqua, mangiare alimenti. L’uomo che usa la propria intelligenza e conosce, anche minimamente, le regole della vita non potrebbe mai compromettere, rovinare, alterare, distruggere l’equilibrio biofisico e climatico degli ambienti naturali dove deve poi vivere, respirare, bere e procurarsi cibo. L’uomo che usa al posto della propria intelligenza il proprio ego può ritenere un segno di evoluzione, una lampante dimostrazione delle sue capacità di dominio e di controllo sulla natura e sulla vita compromettere, rovinare, alterare, distruggere l’equilibrio biofisico e climatico degli ambienti naturali dove deve poi vivere, respirare, bere e procurarsi cibo? Certo. L’ego non ha un ambiente reale dove vivere, non sa cosa siano e a cosa servano la natura, la vita, le energie del creato. L’ego parassita si riconosce perché in tutto ciò che pensa, organizza, sceglie e compie è avido. L’avidità è la caratteristica prima e precipua dell’ego. È avido di tutto. Avido di potere, successo, dominio, controllo, denaro, supremazia, predominio, riconoscimento, approvazione. La sua avidità si ciba di ambizione, ambizione senza limiti per un’avidità senza limiti. L’avidità dell’ego parassita non può mai dire basta, perché l’avidità è la fame dell’ego che non ha corpo e non è collegato a nessuna realtà.
Le braccia che Dio ha donato all’uomo, le ali spirituali e intellettuali che Dio ha donato all’uomo, perché possa librarsi in volo durante la vita in questo pianeta, godendo piena libertà, fantasia, genio, benessere, gioia e pace, l’avidità dell’ego le usa per spingere gli uomini a volare su questo pianeta come orda di bombardieri impazziti e distruttivi.
Le gambe che Dio ha donato all’uomo, per camminare spiritualmente e intellettualmente lungo questa vita terrena, verso una radiosa evoluzione, un reale progresso, verso la salute, l’armonia, la felicità, l’avidità dell’ego le usa per spingere gli uomini ad attraversare il pianeta a passo di marcia, schierati in eserciti e armate. L’ego parassita è avido, è sempre avido, è avidità totale e incessante. L’avidità dell’ego non si può soddisfare, perché l’ego l’ha inventata per creare voragini di bisogni indotti, non per soddisfarli. L’avidità dell’ego non si può spegnere, perché l’ego parassita brucia di un fuoco inestinguibile e devastante, il fuoco del suo inventore, Satana. L’ego avido parassita non può dialogare ed entrare in rapporto con la realtà, perché non la riconosce, non ha alcuna possibilità di essere collegato e connesso con la realtà. L’ego avido parassita ha una vista eccezionale per scoprire i suoi tesori da immagazzinare, un olfatto raffinatissimo per riconoscere l’odore delle prede da fagocitare, ha un udito finissimo per sentire le proprie esigenze, ma è perfettamente incapace di vedere la miseria, la schiavitù dell’umanità, perfettamente incapace di sentire il grido di dolore e disperazione dell’umanità, perfettamente incapace di odorare l’oppressione e l’angoscia dell’umanità. L’ego avido parassita sente solo gli interessi della propria avidità, non può sentire nient’altro, perché non è collegato con nessuno dei circuiti neuronali dell’uomo né è connesso con nessuna delle energie della vita. L’ego avido parassita non riconosce Dio, nega l’esistenza del Dio vero, ma prega e implora incessantemente colui che riconosce il suo dio, Satana, per avere sempre di che sfamare la propria fame incontenibile. L’ego avido parassita si consacra servo e ministro di Satana attraverso livelli sempre più aggressivi ed esasperati di conflitto. L’ego avido parassita onora Satana attraverso il rito della rabbia, del rancore, della vendetta. L’ego avido parassita celebra Satana attraverso il rito della guerra, della distruzione, della miseria. L’ego avido parassita esalta Satana incensando il suo tempio col fumo acre del fuoco distruttivo di ogni guerra.
Gesù definisce l’uomo avido, l’uomo governato e pilotato dall’ego avido parassita, con una parola inequivocabile, “stolto”, in greco afròn. Afròn, “stolto, pazzo, ignorante, dissennato, insensato, sciocco, stupido”. Il termine greco afròn deriva da alfa privativo unito al verbo fronèo, “sono assennato, saggio, prudente, posseggo facoltà mentali, comprendo, conosco a fondo, penso, considero, rifletto”. Il testo aramaico dei vangeli, la Peshitta, traduce questo aggettivo (che la lingua greca ricava prefissando un’alfa privativo a una forma verbale) con l’unione di due termini: chasìr (“privo di mente, coscienza, privo di capacità di percepire ed elaborare-scegliere”) e re‘iono (“pensiero, mente, coscienza”, è la diànoia-intenzione-progetto, il prodotto della psiche, l’effetto dell’azione del pensare). Letteralmente quindi la Peshitta traduce afròn con: “colui che è privo di mente-coscienza-progetto”, riferendosi a colui che non usa il proprio potenziale vitale e intellettuale per la comprensione).
Secondo Gesù l’uomo avido è afròn, stolto, completamente incapace di usare le proprie facoltà intellettuali e di comprensione. Se è stolto l’uomo avido, sono stolti gli uomini che propagano l’avidità, che difendono l’avidità, che tutelano l’avidità, che giustificano l’avidità, che istigano all’avidità, che legittimano l’avidità, che addestrano all’avidità, che educano all’avidità, che inducono all’avidità, che combattono per avidità. L’avidità rende l’uomo avido, l’uomo avido è sempre stupido.