Questa sezione presenta quotidianamente il Vangelo del Giorno accompagnato da una riflessione, insieme all'antifona e al Salmo corrispondente, che in alcuni particolari periodi dell’anno liturgico potranno essere musicati e cantati. Ogni giorno potrai vivere la Parola, leggerne il commento e scaricare tutto in formato PDF dalla sezione sinistra del sito.

Sabato 8 Giugno 2019

7a settimana di Pasqua

Parola del giorno
Atti degli Apostoli 28,16-20.30-31; Salmo 10,4-5.7; Vangelo di Giovanni 21,20-25

Salmo 10,4-5.7

Gli uomini retti, Signore, contempleranno il tuo volto.
Oppure: Alleluia, alleluia, alleluia.

4 Il Signore sta nel suo tempio santo,
il Signore ha il trono nei cieli.
I suoi occhi osservano attenti,
le sue pupille scrutano l’uomo.

5 ll Signore scruta giusti e malvagi,
egli odia chi ama la violenza.
7
Giusto è il Signore, ama le cose giuste;
gli uomini retti contempleranno il suo volto.

Vangelo di Giovanni 21,20-25

In quel tempo, 20 Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?» 21 Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?» 22 Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi». 23 Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?»
24
Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. 25 Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere.

Voltato

Pietro, essendosi voltato: il verbo greco è epistrèfo – formato dalla preposizione epì, “in, verso, contro”, unita al verbo strèfo, “volgo, rovescio, capovolgo, sconvolgo”, più estesamente “volgo nella mente, penso, considero”; la radice di questo verbo è l’accadico turbu’u, “turbine” –, che significa “volgo indietro, volgo contro; viro indietro, lancio all’attacco, lancio alla carica”.
Pietro è con Gesù, cammina con Gesù, è a fianco di Gesù, ma in realtà è distratto, non è con Gesù, non è in Gesù. Pietro sta camminando con Gesù verso il suo compito fresco di consacrazione, ma in realtà è voltato indietro e indentro, tutto di lui è verso l’indietro, è distratto, in uno stato di lotta, antagonismo, opposizione. Pietro è distratto dalla sua gelosia, decentrato dalla sua invidia, e per questo sta controllando cosa accade dietro, alle sue spalle. Le sue parole sembrano formulare domande legittime, in realtà sono lance appuntite, mirate verso colui che sta controllando a distanza, con cui è in lotta, in guerra da dentro. Le sue parole sono mirate a Giovanni, colui che dovrebbe essere il suo amico, ma che ai suoi occhi non è un amico, colui che dovrebbe essere il suo compagno di viaggio e missione, ma che in realtà è qualcuno da controllare, da combattere, perché è colui che Gesù amava, è colui al quale Gesù non ha chiesto per tre volte: mi ami tu? È colui che nel banchetto si era inclinato sul petto di Gesù, quel petto su cui Pietro non era mai riuscito ad abbandonarsi così completamente. Pietro vuole controllare colui che si è abbandonato completamente a Gesù e in Gesù, vuole sapere che fine farà, che compiti gli verranno affidati, che ruolo avrà nella comunità. Pietro chiede a Gesù per indagare, per inquisire, è distratto dalla sua lotta interiore, dalla sua opposizione, gelosia e invidia, e dice letteralmente: Signore, e lui? Gesù risponde a Pietro con una risposta che sembra secca, quasi sgarbata, ma risponde con chiarezza procedurale, spiega al cuore di Pietro una grandissima procedura contro ogni lotta, confronto, sete di controllo, invidia e gelosia, Gesù risponde letteralmente: cosa verso-presso-contro te? Tu segui me.
Gesù risponde a Pietro spiegando che cos’è la distrazione: questo che mi chiedi è verso di te (la preposizione greca pròs unita all’accusativo indica moto a luogo), riguarda te, è per il tuo interesse, ti spinge a vedere solo te, questa è la distrazione più letale. Poi gli dona l’antidoto alla distrazione, e gli dice: tu segui me, cioè tu non guardare a te, alla tua mente, al tuo pensare, non stare voltato verso nessun altro e nient’altro che non sia io, questa è la via della consapevolezza, l’antidoto alla distrazione.
Gesù oppone all’epistrèfo, al “mi volgo indietro con lotta e opposizione”, cioè alla distrazione, una nuova e meravigliosa modalità: l’akoluthèo.
Akoluthèo, “seguo, accompagno, imito; vado insieme, mi conformo, mi adatto, aderisco, corrispondo a”. Non si tratta quindi di un semplice seguire come intendiamo comunemente con il nostro linguaggio, perché il nostro seguire è limitato, è limitante, è restare fuori, è restare a lato. Gesù desidera che noi entriamo in lui completamente, che a lui aderiamo, aderiamo completamente, che lo amiamo totalmente fino a diventare ciò che amiamo. Questo è il seguimi di Gesù. Akoluthèo è cominciare una storia nuova, è essere disposti a rinnegare la struttura del proprio modo di pensare, tutte le abitudini mentali, le opinioni dell’addestramento, le distrazioni dell’ego.
Akoluthèo è il verbo che stava già incarnando Giovanni, il discepolo che Gesù ama. Giovanni sta già seguendo Gesù, Giovanni non ha mai smesso di seguirlo, Giovanni è sempre stato lì, inclinato sul petto di Gesù, Giovanni è stato lì e lì resterà. Giovanni non è solo Giovanni, è tutti coloro che seguono Gesù e che Gesù ama. Giovanni è colui che non è distratto dalla sete di controllo e dalla gelosia, ma vive la consapevolezza dell’amore e dell’abbandono totale in Gesù.