I due di Emmaus sono capaci di camminare e di orientarsi per tornare alla loro casa. I due di Emmaus sono capaci di conversare, disquisire e addirittura discutere tra loro dei fatti successi a Gerusalemme, i fatti riguardanti Gesù di Nazareth. I due di Emmaus sono capaci di avere il volto triste, di dimostrare sconforto, scontentezza, delusione. I due di Emmaus sono capaci di usare l’intelligenza per costruire ragionamenti saccenti, domande retoriche, sentenziose. I due di Emmaus sono capaci di organizzare con il cervello, e di esprimere con la gola parole pretenziose, dal tono infastidito, seccato per dover rispondere a Gesù, l’inatteso interlocutore. I due di Emmaus sono capaci di accusare Gesù di colpevole estraneità ai fatti che lo riguardano, di inaccettabile, negligente indifferenza rispetto alla conoscenza dei fatti accaduti in quell’ultima pasqua. I due di Emmaus sono capaci di raccontare con grande precisione al loro nuovo compagno di viaggio chi sia stato Gesù, come si sia dimostrato profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le autorità lo abbiano consegnato per farlo condannare a morte e lo abbiano crocifisso. I due di Emmaus sono capaci di rivelare al loro interlocutore quali siano state le loro aspettative nei confronti di Gesù, aspettative che si sono infrante sul legno di quella croce e sono state fatte a pezzi dalla pietra rotolata per chiudere la bocca del sepolcro. Quel sepolcro dentro il quale è stato rinchiuso e sigillato il Gesù Messia, insieme a tutte le attese del popolo, le speranze dei discepoli, i sogni dell’umanità. I due di Emmaus sono capaci di concepire cattivi pensieri nei confronti di Gesù, il Nazareno, che, come affermano loro stessi, fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo, sono cioè capaci di insinuare che Gesù è stato colpevole – perché nella loro logica non è risorto – di aver prima gonfiato e poi distrutto le loro speranze, praticamente lo accusano di aver ingannato chi ha confidato in lui: Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. I due di Emmaus sono capaci anche di raccontare l’incredibile storia di quella tomba vuota, il delirio delle donne, la visione degli angeli e il loro annuncio che lui, Gesù, è vivo. I due di Emmaus sono capaci di fare e dire molte cose ma non sono capaci di vedere Gesù con i loro occhi lì davanti a loro. Perché? Risponde il testo: Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Gli occhi dei due di Emmaus sono occhi non vedenti, occhi ciechi, perché occhi collegati alla mente e non al cuore, e chi non è collegato al cuore non è intelligente. È Gesù stesso a evidenziare che l’incapacità intellettuale – lui la definisce stoltezza – deriva automaticamente dalla lentezza a credere e ad ascoltare con il cuore. Solo quando ascoltano la Parola di Gesù con il cuore e non con la mente, solo allora iniziano a sentire il cuore che arde loro nel petto e solo quando il cuore, e non la mente, riconosce nello spezzare il pane il gesto del Signore, allora gli occhi vedono e l’intelligenza comprende.
Il cuore che ama è la sorgente di ogni intelligenza e sapienza vera. Solo il cuore, non la mente ha l’intelligenza per ascoltare e comprendere la voce del Signore. Il cuore, non la mente può inebriarsi della fragranza del pane spezzato, che segna la presenza del Signore risorto. Solo chi ascolta il cuore può far parlare l’intelligenza. Solo chi ascolta il cuore può partire di corsa con i due di Emmaus per andare incontro ai fratelli e annunciare loro e al mondo la propria esperienza del Signore, e ispirare la storia della Parola di Colui che era, è, e sarà: il Vivente.