Questa sezione presenta quotidianamente il Vangelo del Giorno accompagnato da una riflessione, insieme all'antifona e al Salmo corrispondente, che in alcuni particolari periodi dell’anno liturgico potranno essere musicati e cantati. Ogni giorno potrai vivere la Parola, leggerne il commento e scaricare tutto in formato PDF dalla sezione sinistra del sito.

Domenica 3 Marzo 2019

8a del Tempo Ordinario – Anno C

Parola del giorno
Siràcide 27,4-7; Salmo 91,2-4.13-16; Prima lettera ai Corìnzi 15,54-58; Vangelo di Luca 6,39-45

Salmo 91,2-3.13-16

È bello rendere grazie al Signore.

2 È bello rendere grazie al Signore
e cantare al tuo nome, o Altissimo,
3 annunciare al mattino il tuo amore,
la tua fedeltà lungo la notte.

13 Il giusto fiorirà come palma,
crescerà come cedro del Libano;
14 piantati nella casa del Signore,
fioriranno negli atri del nostro Dio.

15 Nella vecchiaia daranno ancora frutti,
saranno verdi e rigogliosi,
16 per annunciare quanto è retto il Signore,
mia roccia: in lui non c’è malvagità.

Vangelo di Luca 6, 39-45

In quel tempo, 39 Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? 40 Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.
41 Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? 42 Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello. 43 Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. 44 Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. 45 L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda».

Ciechi convinti

Come può un cieco guidare un altro cieco?
Come può un uomo giudicare un altro uomo?
Come può un cuore ferito guarire un altro cuore ferito?
Come può una mente oscurata illuminare un’altra mente oscurata? Come può uno spirito impaurito dare coraggio a un altro spirito impaurito?
Come può un peccatore esaminare l’anima di un altro peccatore? E quale uomo non è ferito dentro l’anima o oscurato nella mente o impaurito nello spirito o peccatore nell’anima?
Vanità delle vanità. Vuoto su vuoto, cieco su cieco.
Quale uomo può porsi a maestro degli altri?
Quale uomo giudicando gli altri non dimostra tutta la sua assurda cieca vanità?
Giudicare gli altri è anche un atto di inaudita violenza, violenza verso se stessi, verso gli altri e verso Dio.
Verso se stessi perché chi giudica ha un bisogno viscerale di confrontarsi con gli altri, di mettersi in competizione e per quanto possibile di abbassare, umiliare gli altri visto che non riesce a essere superiore.
Giudicare nasce fondamentalmente dall’invidia, e l’invidia deriva immancabilmente da una bassissima considerazione di se stessi.
È un atto di violenza terribile contro gli altri perché con il nostro giudizio deformiamo in continuazione davanti al nostro cuore e al cuore degli altri la dignità di colui che stiamo giudicando. Il giudizio interiore diventa poi posizione mentale e spirituale precisa che si traduce in messaggi da esternare attraverso il mormorio, la chiacchiera, la maldicenza, la calunnia, l’accusa, la condanna.
Il processo del giudicare è pericoloso anche se il giudizio è positivo, in qualsiasi caso la mente non è in grado di cogliere la realtà, se ne fa un’immagine, perciò cieca com’è potrebbe giudicare amico il nemico, e come nemico un amico, vitale il mortale e mortale ciò che è vitale, divina verità opinioni di uomini e del tutto opinabile la divina verità.
L’uomo giudica per difendersi, ma in verità il processo del giudicare con il tempo rende la mente umana vulnerabile, sguarnita, esposta alle intemperie delle opinioni altrui, delle aspettative familiari, esposta al peso delle frustrazioni, al delirio delle mode.
Giudicare è sempre pericoloso, molto pericoloso anche per la salute fisica e mentale. Giudicare se stessi, svalutarsi metodicamente per molto tempo, protraendo a lungo sentimenti di sensi di colpa e di condanna per se stessi, porta inevitabilmente a forme di depressione esistenziale sfiancante, a estenuante malessere interiore, paura, senso di panico, senso di smarrimento.
Giudicare con insistenza gli altri e subire fortemente il giudizio degli altri obbliga la mente in processi di continuo confronto e competizione, comporta una pressione mentale tale che, se protratta con ostinazione, conduce sicuramente a una compressione emotiva così sfiancante da sfociare facilmente in affaticamento mentale, nevrosi, isteria, paranoia.
Giudicare Dio è il modo più sicuro al mondo per mantenere al timone della propria vita la totale ignoranza su come funziona la vita realmente.
Giudicare Dio produce inoltre la forma di rabbia più sottile e invisibile, ma così potente che rende instabile qualsiasi altro stato emotivo dell’anima, anche il più bello e solare, soprattutto riguardo a se stessi. 
Secondo le parole di Gesù giudicare è l’azione di una mente cieca che vuole controllare, verificare, provare, esaminare un’altra mente cieca, è un atto dunque di una stupidità sconvolgente, anche se fatto con le migliori intenzioni e con la più fervida buona volontà. Astenersi dal giudicare è dunque il sistema più potente che l’uomo possiede per difendersi dalle avversità, mantenersi in salute, godersi la vita, e portare buoni frutti di vera conversione per il bene di sé e degli altri secondo il volere di Dio.