Martedì 26 Giugno 2018

Questa sezione presenta quotidianamente il Vangelo del Giorno accompagnato da una riflessione, insieme all'antifona e al Salmo corrispondente, che in alcuni particolari periodi dell’anno liturgico potranno essere musicati e cantati. Ogni giorno potrai vivere la Parola, leggerne il commento e scaricare tutto in formato PDF dalla sezione sinistra del sito.

Parola del giorno
Secondo libro dei Re 19,9b-11.14-21.31-35a.36; Salmo 47,2-4.10-11; Vangelo di Matteo 7,6.12-14

Vangelo di Matteo 7,6.12-14

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 6 «Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi.
12
Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti.
13
Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. 14 Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!»

Porta della Verità

C’era una volta un signore delle città celesti che viveva nella pienezza dell’armonia, della pace e della felicità, insieme alla moltitudine innumerevole dei suoi concittadini immortali, che amava come figli. Un giorno, un gruppo ribelle tra i suoi amati chiese di potersene andare dalle città celesti alla scoperta di altri mondi e di altre città. Il signore delle città celesti cercò di spiegare ai ribelli che non c’erano altri mondi di luce da scoprire e che per loro, oltre il regno delle città celesti, sarebbe stato possibile approdare solo nei mondi oscuri, dove non esistevano né pace né felicità piene e dove sarebbe immediatamente svanito il dono dell’immortalità. Non poteva però vietare ai suoi amati la possibilità di usare l’immenso dono della libertà e, così, egli stesso li preparò al viaggio, fornì loro ogni mezzo per il volo assieme a tutta la tecnologia utile, pur sapendo che quel gruppo di amati ribelli si sarebbe perso e schiantato in uno dei mondi oscuri da cui, anche se sopravvissuto, non avrebbe mai più potuto fare ritorno.
Il signore delle città celesti fin dall’inizio ben conosceva in quale angolo dei cieli immensi quel gruppo di ammutinati avrebbe terminato l’energia per le macchine volanti, e in quale mondo avrebbe cercato di fare un atterraggio di fortuna. E poiché, pur amando smisuratamente la loro libertà, non voleva tuttavia in alcun modo perderli per sempre, già dai tempi della ribellione preparò per i suoi amati fuggitivi e ribelli una sorpresa straordinaria, proprio lì in quel mondo dove sapeva che sarebbero atterrati per sopravvivere.
Trasformò quel mondo oscuro, dove sarebbero caduti, in un grande hangar, un immenso laboratorio pieno di scaffalature, banchi di assemblaggio e di lavoro, ricolmo di sorgenti energetiche di ogni tipo. All’interno dell’hangar, erano disposti strumenti, attrezzi, congegni, apparecchi, arnesi, utensili, dispositivi, impianti perfettamente e ordinatamente riposti su scaffali e ripiani. Dalla più piccola vite alla strumentazione più sofisticata, il materiale nell’hangar era stato ordinato e commisurato non solo alla sopravvivenza del gruppo dei fuggitivi, ma prima di tutto e soprattutto, alla costruzione e all’assemblaggio di meravigliose macchine per volare, macchine per tornare a casa.
Inoltre, il signore delle città celesti, per non rischiare che i progetti di costruzione delle macchine, i manuali d’uso, così come i sistemi per l’orientamento celeste, andassero perduti o non trovati, aveva pensato bene di non lasciarli nell’hangar, ma di iscriverli direttamente nella mente e nel cuore degli uomini e delle donne fuggitivi, un istante prima della loro partenza dalle città celesti.
In questo modo, una volta superati lo spavento per il terribile viaggio e la necessità della prima sopravvivenza, i fuggitivi, se avessero voluto, avrebbero potuto dedicarsi alla costruzione dei veicoli volanti a loro necessari per tornare serenamente a casa, e chiudere così per sempre e velocemente, tra le braccia del signore delle città celesti, quella loro brutta avventura.
Esattamente come previsto, il gruppo dei fuggitivi, dopo un terribile e rovinoso atterraggio, si trovò in un mondo sconosciuto, ma splendidamente sistemato in un immenso hangar, perfettamente ordinato e progettato. Per i primi tempi la visione della vastità dell’hangar, la quantità e la perfezione incalcolabile del materiale, raccolto e ordinato con tanto splendore e tanta perfezione, aveva riempito di grande stupore e sacro timore il cuore dei ribelli, anche se per loro era ancora del tutto oscuro a cosa potesse servire tanta abbondanza di materiali e attrezzi di ogni tipo.
Il primo tempo di stupore e meraviglia si spense presto lasciando il posto al tempo delle domande. Così gli uomini e le donne, invece di cercare dentro di loro i progetti e i manuali d’uso, per sfruttare al meglio tutta quella ricchezza, iniziarono a fare domande, infinite domande sul significato del materiale, dei banchi di assemblaggio, sul senso degli attrezzi, sull’utilizzo e il funzionamento di tutti quegli oggetti misteriosi. Il tempo delle domande sfociò nel tempo dei dubbi e il tempo dei dubbi nel tempo della non conoscenza. Poi venne il tempo delle interpretazioni, delle opinioni, delle convenzioni. Pigrizia e ignoranza fecero il resto e arrivò il tempo del dominio, del furto, del saccheggio, del massacro. Il gruppo dei fuggitivi allora si divise in religioni, sette, ideologie, partiti, morali, quasi per proteggersi da tanta malvagità. Si divise a sua volta in tanti gruppi quante erano le possibili interpretazioni del significato dell’hangar e del suo possibile utilizzo. Poi fu il tempo in cui gli uomini e le donne elessero dei capi e a loro affidarono la lettura e l’interpretazione del significato dell’hangar, il senso dell’utilizzo dei materiali e dei banchi di lavoro e assemblaggio, perché stabilissero il significato delle cose, il bene e il male, il giusto e lo sbagliato.
Pur non sapendo affatto a cosa servissero in realtà quegli oggetti e quegli strumenti, i capi, per sete di dominio e vanità, si prodigarono a stabilire e a insegnare come si dovevano utilizzare i materiali, chi poteva utilizzarli e chi no, e soprattutto qual era l’utilizzo corretto e quello scorretto secondo il loro vantaggio e l’avidità delle loro pance. Con il tempo, chi aveva il potere di stabilire il significato delle cose e il modo di utilizzarle, iniziò a sfruttare per il proprio interesse questo potere, favorito dal gigantesco stato d’ignoranza collettivo. I capi divisero l’hangar in proprietà, nazioni, bandiere, multinazionali, poderi, iniziarono a stabilire il prezzo di tutto ciò che c’era e si muoveva nell’hangar, il prezzo di ogni lavoro, del guadagno, dei prestiti, delle tasse, dei profitti. I capi usarono le loro capacità mentali per produrre scienza nel tentativo di capire com’erano costruiti gli oggetti e i materiali dell’hangar, a cosa potevano servire e come potevano essere utilizzati ma, la vera scienza in cui era occupata la mente di quei sopravvissuti fu la corruzione. Una volta entrati nell’hangar, gli uomini e le donne, non comprendendo nemmeno lontanamente che tutto quel materiale poteva essere assemblato per costruire macchine volanti per tornare a casa, furono schiavizzati e oppressi, deformati e svuotati, e, con il tempo, dimenticarono perfino che erano partiti dalle città celesti, anzi, le città celesti si trasformarono in racconti e favole, in mitologie per sciocchi. Passarono i tempi e si moltiplicarono le religioni, le scienze, le forme politiche, le ideologie, le filosofie, i sistemi economici con l’unico risultato di arricchire i ricchi, schiavizzare i poveri, ma né ricchi, né poveri sapevano come usare quel materiale. Tutti stavano usando quei materiali per altri scopi, rovinandone la gran parte, rischiando continuamente la vita, facendosi del male reciprocamente, creando dolore e malattia, generando carnefici, vittime e ingiustizie di ogni tipo, sporcando e distruggendo ovunque nell’hangar.
Vista la situazione, il signore delle città celesti mandò, in tempi diversi, molti dei suoi tecnici all’interno dell’hangar ad aiutare i fuggitivi, per far ricordare loro la casa da cui erano partiti, perché riprendessero coscienza che in quell’hangar meraviglioso c’era tutto quello che serviva loro per costruire le macchine volanti per tornare a casa. I tecnici attraversarono i cieli per ricordare ai ribelli fuggitivi che nella loro mente e nel loro cuore erano già iscritti i progetti e le istruzioni necessari, ma i fuggitivi prima li derisero, poi li maltrattarono e infine li uccisero. Il signore delle città celesti alla fine mandò anche suo figlio, l’unico figlio, l’ingegnere che tutto aveva disegnato delle città celesti e dell’hangar, per spiegare agli abitanti dell’hangar che il significato della vita lì non era rimanere nell’hangar per sempre, non era attaccarsi a quei beni per farne il senso della vita, ma utilizzare tutte le meraviglie contenute in esso per costruire le macchine volanti per tornare a casa, secondo le istruzioni e le modalità di costruzione che erano già dentro ciascuno. Il figlio del signore delle città celesti cercò di insegnare agli uomini e alle donne dell’hangar, come era possibile usare la mente umana cercando di mettere in relazione tutti i suoi contenuti e le sue conoscenze per aprire gli occhi su una visione capace di comprendere il significato della vita nell’hangar e del materiale in esso contenuto. Cercò in tutti i modi di ispirare le menti e i cuori dei ribelli al fatto che possedere le cose, attaccarsi ai materiali dell’hangar e concentrarsi sui legami affettivi creati nell’hangar, farsi del male reciprocamente, essere invidiosi e avidi, avrebbe ritardato immensamente il passaggio alla conoscenza e alla consapevolezza.
Il figlio rivelò chiaramente che il senso della vita nell’hangar era rientrare in se stessi, rileggere le istruzioni interne e costruire le macchine volanti per il ritorno, ma se i ribelli avessero perseverato in quella pazzia molti non ce l’avrebbero mai fatta. Alcuni, pochissimi, gli credettero, ma il figlio venne ucciso. Il figlio, non potendo in nessun modo appartenere alla morte, dopo qualche giorno se ne tornò vivo e radioso nelle città celesti, e lasciò le sue procedure e le istruzioni per la costruzione delle macchine volanti in un piccolo libro a un piccolo gruppo di amici fedeli.
Ora è chiaro che nel mercato maleodorante e mortale in cui è stato trasformato l’hangar della vita, quel piccolo libro è la cosa più scomoda che esista per i potenti dell’hangar. È chiaro che le cose sante, cioè utili alla vita nella luce, in esso contenute non vanno offerte a coloro che non hanno nessuna intenzione di comprenderle. È chiaro che quel piccolo libro è una porta immensamente grande verso la conoscenza e la possibilità di conoscere le procedure per costruire le macchine volanti per tornare a casa, ma al tempo stesso per chi ha fatto dell’hangar il suo regno, il suo dominio dove sbranare l’avversario e sfruttare il povero, quel libro è la porta più angusta e stretta che ci sia e sono veramente pochi quelli che la trovano.

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