Domenica 24 Giugno 2018

Questa sezione presenta quotidianamente il Vangelo del Giorno accompagnato da una riflessione, insieme all'antifona e al Salmo corrispondente, che in alcuni particolari periodi dell’anno liturgico potranno essere musicati e cantati. Ogni giorno potrai vivere la Parola, leggerne il commento e scaricare tutto in formato PDF dalla sezione sinistra del sito.

Parola del giorno
Isaìa 49,1-6; Salmo 138,1-3.13-15; Atti degli Apostoli 13,22-26; Vangelo di Luca 1,57-66.80

Vangelo di Luca 1,57-66.80

57 Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. 58 I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei.
59
Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. 60 Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». 61 Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».
62
Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. 63 Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. 64 All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio.
65
Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. 66 Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?» E davvero la mano del Signore era con lui.
80
Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.

Il nome

Colui che nella vita desidera con tutto il cuore prima scoprire e poi compiere il compito per cui è nato sulla terra, non può in nessun modo mantenere legami di dipendenza con i propri cordoni ombelicali, con la propria famiglia di origine, con le culture, le ideologie, le religioni costruite dagli uomini. Colui che nella vita desidera con tutto il cuore prima scoprire e poi realizzare felicemente e in modo fruttuoso i suoi talenti, deve assolutamente staccarsi da ogni forma di dipendenza umana e insieme deve essere in grado di rinunciare, con indeformabile determinazione, ai propri interessi personali. Colui che desidera con tutto il cuore servire Dio e l’uomo, può vivere potenti e ricchissime relazioni d’amore con le persone ma non deve in alcun modo dipendere da esse, per dipendere solo e unicamente da Dio.
Quando un uomo nasce sulla terra porta già con sé e in sé un nome, il nome con cui Dio stesso l’ha chiamato alla vita, secondo il suo compito e la sua ricchezza, nobiltà e regalità peculiari. Il nome che gli uomini ricevono dagli altri uomini nel giorno della nascita non è altro che un’etichetta sonora che serve a identificare il neonato come figlio di una discendenza umana e non come figlio di una discendenza divina. Il nome umano segna la continuità umana, il nome divino segna la continuità divina nella discontinuità umana. Colui che rimane attaccato ai propri legami ombelicali e dipendente dalla propria famiglia e dalla propria storia culturale, dalla morale di provenienza, consciamente o inconsciamente egli afferma dentro di sé e si consacra davanti al mondo come un vecchio figlio delle generazioni umane e non come un nuovo figlio di Dio.
Davanti alla scelta di etichettare il piccolo appena nato di Elisabetta con un nome che ne sottolinei la continuità generazionale umana, Elisabetta, la madre, esclama: No, si chiamerà Giovanni. Perché? Perché Elisabetta e Zaccaria sono consapevoli che quel figlio, pur essendo figlio di seme terreno, per essere ciò che dovrà essere, non dovrà mai per un solo istante pensare di essere figlio della generazione umana, un prolungamento genetico, un seme di continuità umana, nemmeno dal suono del suo nome. Gesù stesso rivela nel vangelo che, come seme di discontinuità umana e continuità divina, Giovanni l’Immergitore è un seme stupefacente per potenza e frutto, è il grande tra i nati da donna, ma al tempo stesso Gesù ci rivela che il più piccolo del regno dei cieli, che decide di essere servo del Regno, staccandosi dai suoi legami umani, può essere un seme di discontinuità umana e continuità divina ancora più potente e fruttuoso di Giovanni.
Colui che con tutto il cuore desidera scoprire il proprio dono e realizzarlo nella gioia e con frutto, deve decidere in cuor suo se su questa terra vuole essere continuità umana e discontinuità divina o discontinuità umana e continuità divina. Ogni atto di consacrazione a Dio è reale e fruttuoso solo e unicamente se chi si consacra è consapevole che quella consacrazione è un atto di continuità divina e di discontinuità umana.

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