Martedì 17 Aprile 2018

Questa sezione presenta quotidianamente il Vangelo del Giorno accompagnato da una riflessione, insieme all'antifona e al Salmo corrispondente, che in alcuni particolari periodi dell’anno liturgico potranno essere musicati e cantati. Ogni giorno potrai vivere la Parola, leggerne il commento e scaricare tutto in formato PDF dalla sezione sinistra del sito.

Parola del giorno
Atti degli Apostoli 7,51 - 8,1a; Salmo 30,3c-4.6.7b.8a.17.22b; Vangelo di Giovanni

Vangelo di Giovanni 6,30-35

In quel tempo la folla disse a Gesù: 30 «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? 31 I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”».
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Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. 33 Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
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Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». 35 Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!»

Tutto

I due verbi “avere fame” e “avere sete” nei vangeli compaiono insieme solo cinque volte, con il significato semplice ed elementare di bisogni di sopravvivenza appartenenti a tutti gli uomini e a tutto il creato. Questi due verbi, usati insieme, indicano tutto ciò che fa vivere. Rispondere al bisogno della fame e della sete permette all’uomo di mantenersi in vita. L’uomo è fame e sete, la fame e la sete costituiscono la totalità dell’uomo. Fame e sete sono il suo movimento verso la vita, il suo essere nella vita. Quando si ha fame e quando si ha sete è coinvolta tutta la persona e non c’è altro di più impellente e importante. Quindi, nominare insieme fame e sete è indicare la totalità delle necessità, un’esigenza profonda, radicale, totale, completa. Gesù dice letteralmente: chi viene [greco: èrchomai] a me non avrà fame e chi crede [greco: pistèuo] in me non avrà sete, mai. Il verbo èrchomai, “vengo, vado, cammino, giungo, penetro, procedo” – l’etimologia rimanda agli accadici erechu, arachu, “vado in fretta, vado avanti con forza” –, indica il muoversi con impeto, il procedere con decisione, forza e determinazione, l’affrettarsi per la via. Venire a Lui è entrare in Lui, significa mangiarlo, alimentarsi di lui completamente. È lo stesso verbo con cui Gesù descrive il modo potente, pieno, quasi impetuoso del venire del suo regno. Chi va a Gesù, entra in lui, nella sua Parola, e lascia che lui entri in sé, non conoscerà più la fame, la mancanza di benessere, il bisogno, la miseria, la carestia, la depressione, la sfiducia, la tristezza, la paura. Il verbo pistèuo, “credere”, deriva dal sostantivo pìstis, “fedeltà, confidenza, fiducia, fede, conoscenza”, e ha il significato di “obbedire, lasciarsi persuadere, convincere”, è essere certo, sedotto, legato con promessa, patto, fedeltà. Chi crede in Gesù, aderisce a lui, alla sua Parola e di lui si fida come delle sue procedure, non conoscerà più la sete, la mancanza di conoscenza, la disarmonia, la miseria spirituale, la carestia della gioia, l’ignoranza della conoscenza, la sete di dominio, l’oppressione del dominio, la disperazione, la solitudine. Chi va a Gesù e aderisce a lui e alla sua Parola avrà la pienezza dei beni, della salute, della felicità, conoscerà la realizzazione dei suoi divini compiti e, pur in mezzo ai limiti e alle fragilità della dimensione terrena, potrà vivere senza paura e in pace.

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