Il vangelo ci rivela che non è importante a che ora della vita ci rendiamo conto del nostro compito e ci lasciamo ispirare a viverlo con amore e gratitudine per il benessere di tutti: la vita è un cammino, un progresso, una spirale evolutiva, dove è necessario che ciascuno faccia la sua strada. Ma il vangelo ci ricorda che, qualsiasi cosa si faccia, è fondamentale non farla con la mente del giudicante, per non annullare davanti a Dio tutto quello che si è compiuto nella vita.
La mente giudicante si alimenta di invidia: non esisterebbe l’attività mentale del giudicare i fratelli, se non esistesse la scelta spirituale dell’invidia. L’invidia è l’origine di tutti i peccati, di tutto il male e della morte nel mondo. A causa dell’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo, per questo tutto ciò che si nutre di invidia conoscerà, sulla terra, le fauci del diavolo e, nell’altra vita, sarà precipitato per sempre nell’abisso della morte che non muore. La mente giudicante trasforma tutto in invidia, e tutto quello che trasforma in invidia diventa carne da macello da stendere sul ceppo per la mannaia del giudizio. La mente giudicante è invidiosa di tutto e di tutti e non c’è bellezza, grazia, dono e bontà di Dio, gioia, misericordia, profezia divina, novità di luce, compassione, felicità, conoscenza, sapienza, pace, armonia che non riesca a massacrare tra le fauci orrende del giudicare sempre, giudicare tutto, giudicare tutti. La scelta spirituale di vivere l’invidia impedisce all’uomo di realizzare la sua strada, di raggiungere i suoi veri doni e le sue vere capacità e soprattutto impedisce all’uomo di conoscere la forza, la protezione, l’energia, la pace, lo splendore della gioia. L’invidia avvelena la gioia, perché non sopporta la gioia. Chi giudica è invidioso, e chi è invidioso è sempre triste dentro, e più è triste dentro, più si immerge nell’invidia. La mente giudicante invidiosa passa ogni istante della vita a controllare e a misurare con il suo sguardo inquisitorio se il braccio della bilancia dell’approvazione, dell’ammirazione, della considerazione, dell’apprezzamento, del consenso, da parte degli altri, pende di più verso di lei o verso gli altri. La mente giudicante invidiosa usa tutti i suoi circuiti cerebrali e le sue conoscenze per confrontare, valutare, equiparare, raffrontare, paragonare, contrapporre continuamente e, nel fare questo, è perfino convinta di compiere un atto mentale di giustizia e di verità. La mente giudicante invidiosa è capace di trasformare tutto e tutti in una paga, per lei le relazioni hanno senso se diventano una gratifica, il lavoro ha senso se porta a uno stipendio, la realizzazione personale, se diventa un compenso, fare qualcosa di utile per gli altri, se si trasforma in premio, compiere un’azione buona ha valore se si trasforma in una ricompensa. Per la mente giudicante invidiosa l’amore è misurabile in quantità di possesso, il legame di complicità in quantità di dominio, il dono di sé esclusivamente nella quantità di avidità dissetata.
La mente giudicante invidiosa esprime il suo più elevato livello inquisitorio giudicando perfino Dio come ingiusto, prepotente, iniquo, scorretto, parziale, come colui che si muove e sceglie in modo arbitrario e fazioso. La mente giudicante invidiosa è sola, è sempre, dannatamente sola, e un giorno lo sarà per sempre. Sarà il giorno in cui dovrà presentarsi davanti a Dio e Dio le dirà: Prendi il tuo e vattene, sola per sempre.