Digiuno - I discepoli...

Digiuno

I discepoli degli uomini, i discepoli delle tradizioni umane, seguono discipline, svolgono pratiche, mantengono abitudini, ripetono usanze e non sanno nemmeno il perché. I discepoli di Giovanni affermano infatti: perché noi e i farisei digiuniamo molte volte? I discepoli delle tradizioni umane fanno le cose per legge, per regolamento, per dovere, non per necessità, senso e significato. I discepoli delle tradizioni umane vivono il digiuno, l’astensione volontaria dal cibo, come segno distintivo e identificativo. I discepoli di Gesù digiunano quando questo ha un senso reale, un significato legato a una situazione reale, quando lo sposo, il Signore, viene loro tolto e con lui la festa, il cibo della festa e il cibo della sua presenza e della sua Parola. I discepoli di Gesù sono definiti invitati a nozze, in greco uiòi nynfònos, “figli della camera nuziale”, per cui non sono più sottomessi alle regole e alle tradizioni degli uomini, non sono più schiavi di addestramenti umani e possono fare le cose alla luce di un senso nuovo, alla luce della realtà della vita. Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? I discepoli di Gesù non digiunano per seguire una pratica religiosa, ma perché lo chiede la vita, la realtà, una durissima realtà. Digiunano quando Gesù viene loro tolto con violenza e inganno, vivono digiuno e carestia della presenza del Signore sotto la croce e ogni qualvolta sono incarcerati, perseguitati, torturati. I discepoli del Signore digiunano volontariamente dal cibo quando devono sperimentare quanto sia acuta ed estesa nel cuore dell’uomo la mancanza di Dio, la carestia del cibo della comprensione della Parola divina, ed è un digiuno silenzioso, segreto, amante, intimo.
Il nestèuo, “digiuno, mi astengo dal cibo”, per i discepoli di Gesù non è una pratica religiosa, l’usanza identificativa di una setta. Al tempo di Gesù il digiuno è diventato la pratica giudaica più esteriore, la più sfacciatamente sfoggiata in società e viene osservato per allontanare l’ira divina, le calamità, per ottenere l’ascolto di Dio, per penitenza, sacrificio, per culto, osservanza della legge, per sottomissione e per essere ammirati. Il digiuno e tutte le pratiche religiose fatte per dovere, per rispettare una tradizione, eseguite unicamente per essere visti e ammirati dagli uomini, alimentano l’ambizione in modo smisurato e sono pura, purissima coltivazione dell’ego. Il discepolo di Gesù che, per amore e purificazione interiore, fa digiuno, si guarda bene dal dirlo o dal farlo conoscere ad alcuno, per non tradire immediatamente lo spirito e il senso stesso di quella scelta. Gesù non solo non rispetta il digiuno della legge giudaica, ma anche il suo modo di digiunare è del tutto nuovo. Per quaranta giorni nel deserto, per esempio, vive nello Spirito, cioè in condizioni di vita diverse da quelle terrene – il testo evangelico infatti non parla di digiuno ma dice egli non mangiò in quei giorni – e ispira a un digiuno fatto nel segreto, ma soprattutto ispira a un digiuno che significa attesa, attesa del regno, attesa del Signore.
Il digiuno, secondo Gesù, ha senso solo e unicamente se l’astenersi dal cibo è fatto in segreto e ha il significato profondo di ricordare alla propria mente, al proprio cuore, al proprio spirito che Dio e la sua Parola sono il vero, unico cibo della vita. È il digiuno amante e consapevole, per ricordare a se stessi che senza Dio, e senza alimentarsi della sua Parola, l’umanità cadrà nelle mani della carestia e della miseria e proverà anche l’assenza forzata del cibo che alimenta il corpo, che non si chiama più digiuno, ma fame, fame che uccide.

Vangelo di Matteo 9,14-15

In quel tempo, 14 si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?»
15
E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno».