Giustizia - Praticare la vostra...

Giustizia

Praticare la vostra giustizia: “giustizia”, dikaiosýne, non è un concetto astratto e generico, infatti l’articolo preposto “la” indica proprio quella particolare e unica giustizia che intende Gesù. Etimologicamente dikaiosýne, “giustizia, direttiva, indicazione, ordine”, deriva dall’aggettivo dìkaios, “giusto, retto, conforme alla legge, alla norma”, che a sua volta origina da dìke, “diritto, giustizia”. Dìke e dìkaios, da cui il verbo denominativo dikaiòo, “rendo giusto, giustifico, riconosco come giusto, proclamo la giustizia”, si accostano a loro volta al verbo greco dèiknymi, “mostro indico” – dall’accadico deku, “levare”, legato al mondo della gestualità –, e a quello latino dìco – con il valore originario di “alzare la mano per fare un segno”, da base accadica daku, “levare su”, che molto si avvicina al sumerico di-ku, “giudice” –, e riproducono etimologicamante antiche voci accadiche come dikugallu, “presidente della corte suprema”, dikuru, “verdetto”, e daku, “giustiziare”, denotando la giustizia, la rettitudine, l’equità, il conforme alla legge, il giusto, l’equo, il dovuto. Se per il mondo greco-romano, la dikaiosýne è la regola che guida l’agire umano fornendo una norma a cui gli uomini si devono attenere, nell’Antico Testamento il concetto di dikaiosýne è alla base stessa della concezione di Dio, è l’espressione del suo manifestarsi, è l’attuazione gradita a Dio della sua volontà. Nel Nuovo Testamento questo termine è usato dall’apostolo Paolo cinquantasette volte, Marco non lo usa affatto, Luca lo usa una volta nel Benedetto, Giovanni due volte e Matteo sette volte, cui per ben due volte nelle Beatitudini. In ebraico “giustizia” si dice tsedèq, che letteralmente significa “azione corretta in accordo con qualche forma di piano divino”, tzaddìq, “giusto”, dìkaios in greco, nel senso di aderente alla Thorà, era l’appellativo di Giuseppe, lo sposo di Maria.
Evidentemente il concetto di giustizia e di azione giusta è sempre legato all’appartenenza, all’aderenza, alla sequela di un principio. In questo caso adempiere a ogni giustizia si riferisce all’aderenza alla volontà e ai desideri del Padre. Potremmo dire in modo paradossale che anche il malvagio, se aderisce perfettamente a un principio senza mai distaccarsene, opera in modo giusto. È chiaro ed evidente che questa è una forzatura paradossale, ma è per esprimere meglio il concetto. In questo senso perfino Gesù parla di una “giustizia” degli scribi e dei farisei e la mette in contrapposizione con la giustizia del regno di Dio. Essere giusti, compiere la giustizia significa aderire a un principio primo, a una volontà, a un desiderio. Significa perseguire una direzione, come seguendo una bussola, indipendentemente da tutto ciò che accade, senza mai scartare di lato o di passo. Dikaiosýne, “giustizia”, è “rettitudine, imparzialità, precisione, esattezza”.
Nel Vecchio Testamento l’idea della giustizia non si basa sulla corrispondenza di leggi e di comportamenti più o meno conformi a una norma, ma sulla corrispondenza di scelte e azioni all’interno di una relazione o di un patto tra due parti. In questo senso è un’alleanza, una relazione affettiva, un patto di fiducia che stabilisce la misura del comportamento giusto o ingiusto, non una legge, un principio. Per il giudaismo rabbinico la giustizia è l’armonia con la legge che si realizza in passione per l’ubbidienza, per l’accumulo di meriti. Ma nella spiritualità vera di un sano e amoroso rapporto con Dio è la fede che determina l’ampiezza e la purezza della giustizia. La fede di Mosè bastò da sola a dividere il mare; nessuno può essere giusto, se non vive una profonda amicizia con Dio. La giustizia che Gesù propone è una nuova giustizia fondata su un nuovo rapporto con Dio, da cui deriva un nuovo rapporto con la vita e con le persone. La giustizia che Gesù propone all’uomo è, in ogni occasione, un comportamento che è legato a un’alleanza con i suoi principi di vita e felicità, completamente slegato dal meccanismo del merito e della ricompensa. Il meccanismo del merito e della ricompensa, infatti, slega immediatamente la giustizia dalla giustizia di Dio perché la slega dall’amore e dalla libertà. Anche quando Gesù parla di ricompensa da parte di Dio per le azioni di giustizia dell’uomo, il verbo usato per esprimere questo concetto è apodìdomi (preposizione apò, “via”, unita al verbo dìdomi, “do”) che letteralmente significa: “rendo, restituisco, pago, consegno, do, concedo, assegno, rendo il dovuto”. È il verbo dell’adempienza, della rendita, della restituzione, del retribuire nel senso di rendere ragione a qualcuno rispetto a qualcosa. Perciò la ricompensa di Dio per le azioni giuste dell’uomo non è nel campo del merito, che favorirebbe solamente l’orgoglio e la competizione umani e sporcherebbe ogni forma di giustizia nel fango della mancanza di amore e libertà, ma è nel campo della restituzione, la restituzione segreta dell’energia di grazia e di amore, di bellezza e di condivisione generate in nome di un patto di amore e di fedeltà. La giustizia di Dio non ripaga, restituisce. Ecco perché Gesù insiste nel rivelarci: State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli.
Dio non ripaga, non ricompensa, non stabilisce meriti o demeriti; Dio restituisce, restituisce il tipo, la qualità, la quantità di energia usata da ciascuno per costruire nel mondo la giustizia. Ne consegue che chiunque in questa vita genera energia, scelte e azioni, per essere visto, apprezzato, ricompensato dagli uomini, non potrà in alcun modo ricevere la restituzione di Dio, perché ha già avuto la ricompensa dagli uomini.

Vangelo di Matteo 6,1-6.16-18

 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 1 «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli.
2 Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. 3 Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, 4 perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
5 E quando pregate, non siate simili agli ipòcriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. 6 Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. 16 E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipòcriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. 17 Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, 18 perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».