Ci sono tutti - Per un’occasione...

Ci sono tutti

Per un’occasione del genere nessuno voleva mancare. È un’occasione ghiottissima, tra le più ghiotte di tutta la storia dell’umanità e di certo nessuno voleva mancare. Si tratta di istigare gli uomini a uccidere il più grande uomo mai nato da donna sulla terra. È un’occasione irripetibile per mettere insieme e coordinare, per la stessa persona, per lo stesso nemico, tutte le potenzialità distruttive e mostrarne insieme la loro forza ed efficacia. In questo caso ci sono tutti e lo si riconosce perfettamente dal risultato delle azioni dei protagonisti di questa vicenda. L’occasione di spingere l’umanità a uccidere Giovanni l’Immergitore, il profeta precursore di Gesù il Figlio di Dio, il più grande tra i nati di donna, come Gesù stesso lo definisce, è un’occasione assolutamente unica per gli arcidemoni, per mettere insieme le loro demoniache potenzialità e vincere la loro battaglia davanti agli occhi di Dio e dell’uomo. Loro sono in numero di sette e lavorano senza sosta, organizzati in un sistema perfetto ed estremamente strutturato, ognuno con un compito ben preciso e definito, ma tutti completamente dedicati alla paura dell’uomo, con l’unico obiettivo di allontanarlo dall’amore di Dio e quindi di distruggerlo. I loro nomi: Lucifero, Belzebul, Asmodeo, Belial, Ispel, Astarte, Anubi, questi sono gli arcidemoni. Come perdere un’occasione del genere per non mettere insieme tutte le loro oscure mortali potenzialità e non colpire un uomo di Dio come Giovanni l’Immergitore? Vediamo come.
In quel tempo, il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era diventato famoso. Si diceva: «Giovanni il Battista è risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi». Altri invece dicevano: «È Elìa». Altri ancora dicevano: «È un profeta, come uno dei profeti». Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: «Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto!» Ispel opera sull’intelligenza dell’uomo, allontanandola da tutto ciò che è sapienza, verità e conoscenza di luce, sua finalità è mantenere l’intelligenza inutilizzata nell’ignoranza e allo scopo crea continue terribili suggestioni, usando il passato con ciò che potrebbe essere stato e il futuro con ciò che non potrà mai essere. Costruisce nella mente false immagini della realtà, deviando il pensiero umano verso ideologie perverse e inutili. È il signore della confusione mentale, dell’incertezza decisionale.
Proprio Erode, infatti, aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Asmodeo istiga alla divisione nei rapporti relazionali, avvelena l’amicizia con il tradimento, opera per le liti e i contrasti contro la famiglia e l’armonia dei coniugi.
Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Astarte lavora per destituire da ogni bellezza, grazia e amore il mondo sessuale dell’uomo, opera perché l’uomo decada in ogni forma di perversione e di degrado sessuale, per umiliarlo e ridurlo in uno stato inaccettabile perfino a se stesso.
Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri. Belial è il signore del pensare male di Dio, del pensare che Dio ci abbia abbandonati, che non ci ami e non ci difenda dal male. È lui che crea il dubbio, il dubbio nell’anima che a sua volta crea paure irrazionali, insicurezze, paura e sfiducia che destabilizzano la pace e l’equilibrio dello spirito. È lui che insinua sensi di colpa di fronte a Dio e dubbi e incredulità sulla sua misericordia. È lui che crea l’odio verso Dio, se stessi e gli altri, è lui che coordina tutti i presupposti per le azioni violente e crudeli.
Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, [questa è la leva dell’orgoglio] fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò [questa è la leva della lusinga]». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, [questa è la leva della arroganza] te la darò, fosse anche la metà del mio regno [questa è la leva della presunzione]». Lucifero è il signore indiscusso dell’orgoglio e della lusinga, dell’arroganza e della presunzione. È lui che tiene in mano tutto ciò che riguarda l’immagine di sé, la costruzione dell’ego sostituto, l’esteriorità, l’effimero, le mode, le classi sociali, la sete di dominio, le usanze umane, il successo, il possesso.
Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?» Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto. Belzebul è il re dell’invidia, lui organizza, coordina, gestisce tutto ciò che riguarda la calunnia, il pettegolezzo, opera con ogni mezzo per accusare, denigrare, diffamare, screditare, disonorare, malignare fino allo sfondamento completo e infangante della dignità della persona, fino a spingere alla disperazione che conduce all’omicidio da una parte o al suicidio dall’altra.
E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro. Anubi, colui che crea la paura della morte, avrà certamente tentato, per quanto possibile, Giovanni Immergitore, per inquietarne il cuore, ma soprattutto, attraverso la visione di una morte tanto infame, deve aver lavorato nell’animo dei suoi discepoli e amici, istigando l’incredulità e il dubbio sull’eternità della vita, sulla divinità della vita senza fine che Dio ha donato ai suoi figli. Tutti e sette al lavoro, tutti e sette per combattere e vincere Giovanni l’Immergitore, ma anche per rivelare provvidenzialmente, in questa pagina del vangelo, il loro volto, la loro caratteristica, i loro compiti e strategie. Nulla rende deboli i demoni come quando sono costretti a rivelarsi e a mostrare il loro volto e il loro nome, nome che racchiude il loro compito. Questo è il regalo di Giovanni l’Immergitore all’umanità. Tutti e sette gli arcidemoni hanno lavorato insieme e contemporaneamente per distruggerlo ma, nelle mani di Dio, questa vittoria si è tramutata in sconfitta, perché tutti e sette sono stati costretti a rivelarsi e dunque a essere conosciuti, quindi più facilmente combattuti e sconfitti con la forza di Gesù e delle procedure della sua Parola.

Vangelo di Marco 6,14-29

In quel tempo, 14 il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era diventato famoso. Si diceva: «Giovanni il Battista è risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi». 15 Altri invece dicevano: «È Elìa». Altri ancora dicevano: «È un profeta, come uno dei profeti». 16 Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: «Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto!»
17 Proprio Erode, infatti, aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. 18 Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». 19 Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, 20 perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
21 Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. 22 Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». 23 E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». 24 Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?» Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». 25 E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». 26 Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto.
27 E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione 28 e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. 29 I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.