Arùm, astuto - Quando in Genesi...

Arùm, astuto

Quando in Genesi si parla del serpente, che simbolicamente rappresenta il Maligno, il testo lo caratterizza con un termine ebraico particolare, un aggettivo che non compare più in tutto Genesi, arùm, “astuto”. Non solo. Il testo indica anche chiaramente che il serpente è il più arùm-astuto di tutti gli animali, perché Dio, il Signore, così lo ha fatto. Il serpente era il piú astuto [ebraico: arùm] di tutti gli animali dei campi che Dio il Signore aveva fatti (Genesi 3,1). Arùm significa letteralmente scaltro e avveduto insieme. In lingua ebraica arùm ha valore positivo, infatti qualifica l’uomo saggio e intelligente, contrapponendolo all’uomo stolto e inetto.
La LXX (Settanta) – la versione in lingua greca della bibbia ebraica – traduce questo aggettivo con il greco frònimos, “sapiente, intelligente, avveduto, saggio; prudente, scaltro”, indicando colui che ha una grande intelligenza e pratica nell’usare le conoscenze. Frònimos si ricava etimologicamente dal verbo fronèo, che a sua volta affonda le sue radici nel sostantivo frèn, sostantivo che fa parte di una serie di nomi indicanti le parti del corpo. Inizialmente il suo significato infatti è anatomico, “diaframma”, indicando ciò che separa la parte addominale da quella del torace, dall’accadico berum, “divisorio, spartiacque”, e baritu, “spazio in mezzo”. Il valore di frèn, come “intelletto, animo,” nasce dall’incrocio con alcune basi antiche: be-rum, “esaminare, scegliere”, e ba-rum, “essere accertato, provato; vedere”, per cui, in questo modo in fròneo si è insinuato, nel cammino linguistico, il significato di “vedere dentro, scegliere, esaminare”. Ecco che, nel Nuovo Testamento, frèn indica “ragione, animo, mente”, e, fronèo, “ho facoltà mentali, sono assennato, saggio, prudente, astuto, consiglio con saggezza, comprendo, conosco a fondo, sono elevato”.
Se il sostantivo arùm, “astuto”, è usato una sola volta in Genesi, e solo altre 10 volte nei libri di Giobbe e Proverbi, nei vangeli, tradotto dal sostantivo greco frònimos, torna invece possente e rappresenta una delle chiavi di lettura più portanti di tutto il vangelo.
Di seguito i versetti evangelici (tradotti letteralmente) dove questo vocabolo ricorre. 
Perciò chiunque ascolta queste mie parole-lògoi e le fa sarà simile a un uomo scaltro-frònimos che edificò la sua casa sulla pietra (Matteo 7,24).
Ecco, io vi invio come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti-astuti-frònimos come i serpenti e semplici [cioè: che non pensano male] come le colombe (Matteo 10,16).
Chi è dunque quel servo fedele e saggio-frònimos che il signore ha costituito sopra i suoi famigliari per dare loro a suo tempo il cibo? (Matteo 24:45).
Ora cinque di loro erano stolte [pazze, senza senso] e cinque avvedute-frònimos (Matteo 25,2).
Le avvedute-frònimos, invece, insieme con le loro lampade, avevano preso olio in vasetti (Matteo 25,4).
E le stolte dissero alle avvedute-frònimos: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono (Matteo 25,8).
Ma le avvedute-frònimos risposero: No, che non basti né a noi né a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene (Matteo 25,9).
Il Signore disse: Chi è dunque l’amministratore-economo fedele, quello prudente-frònimos che il signore costituirà sui suoi domestici, per dar loro a suo tempo la porzione di grano? (Luca 12,42).  
E il padrone lodò l’amministratore dell’ingiustizia, perché aveva fatto con avvedutezza-frònimos [in questo caso è avverbio]; poiché i figli di questo mondo, verso la loro generazione, sono piú avveduti-frònimos dei figli della luce (Luca 16,8).
Nel vangelo il termine frònimos è usato da Gesù per indicare un’autentica, straordinaria, divina capacità che permette all’uomo di costruire saggiamente la propria vita, in modo tale che tutto quello che desidera costruire rimanga e non venga distrutto; permette all’uomo di vivere nel mondo, che è senza cuore e amore, senza subire danni; permette all’uomo di essere un uomo tanto di fede, quanto affidabile; permette all’uomo di realizzare con umiltà, intelligenza, fedeltà, equilibrio, armonia, successo i compiti che Dio gli ha dato, affidandogli la vita e la terra; permette all’uomo di salvarsi dalle situazioni pericolose ed errate in cui egli stesso si è andato a cacciare. Per come e quante volte è nominata, questa capacità di essere astuti, avveduti, scaltri rappresenta, nel vangelo, una vera e propria virtù intellettuale e spirituale.
Tante volte e sempre con grande intensità Gesù ispira i suoi amici a essere frònimos-astuti, perché, dalle sue parole, essere frònimos-astuti è una delle chiavi della vita. Essere frònimos-astuti è essere tanto pronti di spirito quanto capaci di decisioni pronte. I frònimos-astuti sono svelti nel comprendere, appassionati nel partecipare, capaci di grande colpo d’occhio sul particolare quanto acuti sul quadro d’insieme. Sono capaci di visione veloce, sempre attenti alla situazione e interessati. I frònimos-astuti sono così astuti che sono capaci di riconoscere i propri errori senza perdere un secondo in giustificazioni, scuse, sensi di colpa, discolpe e attivano tutte le loro risorse geniali e creative per porvi rimedio e capovolgere la situazione a loro vantaggio. I frònimos-astuti non restano mai immobili, inerti, scoraggiati, non si fanno trascinare da nessuno, non imitano nessuno, sono tenaci e così furbi che, di fronte ai forti richiami della vita, sanno riconoscere le cose futili cui si sono dedicati e modificano prontamente le loro inclinazioni.      
L’amministratore della parabola evangelica, accusato di sperperare i beni del padrone, per salvarsi, per assicurarsi una vita dignitosa e serena dopo il licenziamento, falsifica i dati dei debitori condonando a chi il cinquanta e a chi il venti per cento di quanto dovuto. Questo non è solo un espediente geniale, ma è una procedura certa che sicuramente gli assicurerà senza errore la gratitudine dei beneficiari. L’amministratore disonesto truffa per l’ennesima volta il suo padrone e, ancora una volta, a proprio esclusivo vantaggio e sicurezza, e lo truffa in quantità di beni veramente importanti. I cento barili d’olio equivarrebbero oggi a circa 3.500 litri, e cento misure di grano corrisponderebbero a circa 600 quintali. Il padrone della parabola è ancora una volta danneggiato dall’amministratore disonesto e astuto, ma, alla sua ennesima perdita, non fa cenno, anzi, loda il suo amministratore per il fatto che l’amministratore disonesto non si è arreso davanti alla sua difficile situazione, non ha mollato, non si è lasciato trascinare dalla disperazione, dall’inedia, dalla paura, ma ha reagito immediatamente e ha reagito in modo preciso, efficace, funzionale ai suoi desideri. In verità il padrone, lodando l’amministratore disonesto, conferma la validità della propria scelta: il padrone aveva scelto un ottimo amministratore, il migliore sulla piazza, vista la perfetta efficacia del suo comportamento, anche se usava le sue eccellenti capacità per imbrogliare e depredare il prossimo. È come se Gesù volesse dire ai suoi amici che è assolutamente preferibile un uomo astuto e avveduto che, pur compiendo errori e sbagli, se redarguito dalla vita sa usare all’istante la sua astuzia per ravvedersi e volgere a proprio vantaggio la propria situazione difficile, che un uomo che non fa molti errori e sbagli, ma cui nessuno può fornire astuzia, avvedutezza che non ha e non vuole avere, perché non ha mai voluto fidarsi dei propri doni ed esercitarli e perfezionarli. Il segnale è chiaro, la vita non predilige gli apatici, i rassegnati, i trascinati dall’inerzia sociale, gli imitanti il destino altrui. Con gentilezza e rispetto, ma chiaramente e con forza, Gesù contesta il fatto che i figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. Se essere figli della luce, se scegliere il bene significa perdere l’essere arùm, l’essere avveduti, intelligenti, scaltri, astuti, eccellenti in presenza e prontezza di spirito, non ha molto senso essere figli della luce, perché in questo modo i figli della luce non riusciranno a imprimere la luce sulla terra. Gesù stesso, in tutte le risposte che dà alle domande degli uomini, amici e nemici, dimostra di usare sempre e immancabilmente l’essere arùm. Le risposte che Gesù offre alle domande e alle provocazioni degli uomini sono sempre risposte assolutamente intelligenti, ingegnose, competenti, scaltre, veloci, furbe, astute, avvedute, accorte, acute.
Secondo la prospettiva di Gesù il vangelo, dunque, non può assolutamente essere usato per creare sistemi morali, strutture dottrinali, organismi religiosi, impalcature devozionali, perché il vangelo è il libro della gioia per vivere la gioia nell’amore, il manuale della furbizia per vivere la furbizia nella pace e nel perdono, il testo dell’astuzia per vivere l’astuzia nella gratuità, la Parola dell’intelligenza per vivere l’intelligenza nella gratitudine.
Il vangelo è la raccolta delle entolè-procedure divine per vivere la vita sulla terra con le conoscenze, l’astuzia e l’avvedutezza di Gesù, e per guardare la vita sulla terra con gli occhi intelligenti, acuti e comprensivi di Gesù, per viverla e vederla un giorno con lui nel cielo di Dio, nella pace, nella luce, nella gioia senza fine.

Vangelo di Luca 16,1-8

In quel tempo, Gesù diceva 1 ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2 Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
3 L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. 4 So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
5 Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?” 6 Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. 7 Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?” Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
8 Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce».